Bergamo, in via Sant’Orsola prove di rilancio: food e nuovi orari

Le vetrine cambiano pelle: prendono piede le attività serali e i ristoranti. Pesa il caro-affitti. Ma dei dieci negozi vuoti (su 53) qualcuno riparte.

Un tempo era la via dei cinema: ce n’erano tre, l’Odeon, l’Astra e il Sant’Orsola e la vita, qui, si concentrava soprattutto la sera. Oggi la strada che parte dall’inizio di via XX Settembre e sbuca in via Sant’Alessandro sta cambiando di nuovo pelle: via alcune insegne storiche, soprattutto di capi d’abbigliamento, si stanno affacciando locali serali, una pizzeria, una gastronomia con cucina e altri ristoranti. Segno dei tempi e delle mode che cambiano, ma anche di un commercio tradizionale che fa sempre più fatica, tra pandemia, centri commerciali e la concorrenza spietata del web.

E così via Sant’Orsola, negli ultimi decenni la strada dello shopping per eccellenza insieme alla contigua via XX, prova di nuovo a trasformarsi, puntando a tornare una delle vie del centro di Bergamo appetibili non solo di giorno, ma anche e soprattutto la sera. In un periodo in cui, le difficoltà in centro - dalla stessa via XX Settembre a viale Papa Giovanni - sono all’ordine del giorno.

Anche qui, in via Sant’Orsola, la transizione è fatta di chiusure, turnover schizofrenici, esperimenti e ripartenze, e non può sorprendere che una decina di attività commerciali (sulle 53 presenti lungo la strada) abbiano le saracinesche abbassate da mesi o addirittura da anni. «Ma questo è anche il risultato di affitti che sono ormai fuori dalla portata delle tasche dei piccoli commercianti», racconta chi, in questa via, vive e lavora da decenni. Già, gli affitti: una nota dolente per tutti in questi mesi di chiusure; in via Sant’Orsola chi apre un negozio deve mettere in preventivo una spesa annua tra i 40 e i 50 mila euro per un centinaio di metri quadrati. «Chi non ha un negozio di proprietà, e sono pochi quelli che ce l’hanno, fa fatica – ammette Guido Recalcati, gioielliere dal 1960 –. Soffriamo, ma si continua a lavorare; d’altronde, se non si lavora qui, non si lavora ormai da nessun’altra parte. E poi questa strada è sempre stata all’avanguardia, fin dagli anni Sessanta: ben vengano anche i locali serali, ma a noi è soprattutto la passeggiata a portare i clienti».

L’avanzare dei locali del food ha costretto anche gli altri commercianti ad adeguarsi a ritmi diversi. «L’orario di apertura è cambiato – spiega Sara Valsecchi, titolare del negozio di abbigliamento Rock’n’Rose –. La mattina apriamo e chiudiamo un’ora più tardi, dalle 10 alle 13, anziché dalle 9 a mezzogiorno. La strada è di nuovo frequentata e presto alcuni degli spazi sfitti da tempo torneranno a essere occupati». Per quello più grande, 230 metri quadrati per 9 vetrine, nel passaggio che porta in piazzetta, ci vorrà probabilmente ancora del tempo. Lasciato libero un anno fa da un centro di telefonia, affittarlo di nuovo, in questo periodo, non sarà facile. E qui torna la questione degli affitti. «I proprietari devono capire che il lavoro è calato e che tutto deve, necessariamente, essere rivisto al ribasso – dice Massimo Locatelli, da 43 anni nella via con il suo negozio di scarpe Pi Greco –. Per il resto, la strada è lasciata all’incuria e in alcuni punti persino al degrado, con alcune attività ferme da anni, per cui non si riesce a trovare una via d’uscita. Ben venga la ristorazione che, quantomeno, crea un po’ di passaggio».

«Per i locali pubblici, l’incremento delle attività di ristorazione è un segnale positivo – dice Francesco Pappi, titolare del pub Sant’Orsola –. Prima la sera c’era il deserto, oggi c’è vita. Per il resto, resistono alcuni negozi storici, altrove c’è tanto turnover. La strada è cambiata in questi anni e di giorno la concentrazione di gente si vede solo nel fine settimana. Per fortuna si torna a vedere qualche straniero, ma questo è un elemento che manca ancora a tutto il commercio».

Mancano i turisti, ma c’è chi lamenta anche la mancanza dei bergamaschi, come Marco Pescali, titolare del Boston Bar. «La spinta del food sta rianimando la strada – dice –. Purtroppo hanno aperto anche alcuni temporary shops che lasciano senz’altro il tempo che trovano: sono attività limitate a pochi mesi, per cui non vengono fatti investimenti importanti e rischiano di non lasciare nulla alla strada. Piuttosto, servirebbe qualche incentivo anche da parte del Comune, per invogliare la gente a frequentare di più il centro: i prezzi dei parcheggi sono troppo alti e anche per questo le persone preferiscono i centri commerciali, dove si arriva in macchina e si hanno posti gratuiti in abbondanza. Almeno un fine settimana al mese si potrebbe abbassare il costo della sosta e la gente, probabilmente, verrebbe di più. Come se non bastasse, in questo periodo ci sono gli estivi che penalizzano il lavoro serale: quest’anno sono addirittura sette e non è facile contrastarli».

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