Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 22 Luglio 2024
Bergamo alla laurea preferisce il lavoro. Occupati da primato, pochi i «dottori»
LA CLASSIFICA. Solo il 20,2% dei giovani ha un titolo universitario, la nostra provincia è fanalino di coda in Italia. Tasso di disoccupazione (5,7%) tra i più bassi del Paese. I presidi: problema sociale. UniBg investe sull’orientamento.
Sembrano essere fedeli al motto «meglio un lavoro oggi che una laurea domani» i giovani bergamaschi. Nella nostra provincia i laureati sono pochi, solo il 20,2%, sette punti al di sotto della media nazionale, in compenso gli under 40 sono tra i più occupati d’Italia, Bergamo è quinta a livello nazionale. La disoccupazione giovanile all’ombra delle Orobie si attesta al 5,7% a fronte di una media italiana del 13,8%. Lo rivelano i dati Istat 2023 elaborati da Lab24-Sole 24 Ore che ha stilato una classifica della qualità della vita dei giovani, provincia per provincia. L’indicatore che vede Bergamo primeggiare riguarda il numero degli occupati, mentre la penuria di laureati tra i 25 e i 39 anni ci fa precipitare a fondo classifica, solo 94esimi in Italia.
«Il titolo di studio e la laurea sono visti solo in relazione al futuro professionale, non personale, quello che prevale è il criterio economico - spiega Claudio Ghilardi, presidente provinciale dell’Anp -. Il sistema valoriale sta sempre più degradando, non si guarda oltre con una visione più ampia della vita e questa è una responsabilità di tutti».
Luci e ombre che non sorprendono, piuttosto confermano un trend «storico» per la Bergamasca. Una tendenza difficile da invertire, si direbbe. E che ha origini lontane. «Quello della carenza di laureati non è un dato nuovo, pur nelle differenze tra città e provincia, e va correlato al dato sull’occupabilità – spiega Claudio Ghilardi, presidente provinciale dell’Anp (Associazione nazionale presidi) –. C’è ancora una buona parte di ragazzi, e di famiglie, convinti che non abbia senso studiare e faticare dopo il diploma se si ha l’opportunità di trovare un lavoro prima. Se ne fa una questione prettamente economica. E in questo anche i genitori fanno la loro parte, va detto. Prevale una visione a breve termine dell’esistenza e la fiducia nel futuro è scarsa. Il titolo di studio e la laurea sono visti solo in relazione al futuro professionale, non personale, quello che prevale è il criterio economico. Il sistema valoriale sta sempre più degradando, non si guarda oltre con una visione più ampia della vita e questa è una responsabilità di tutti». Il tasso di dispersione scolastica si è abbassato, nella Bergamasca e a livello nazionale, come dimostrano gli esiti delle prove Invalsi, il problema oggi è più quello del riorientamento dei ragazzi delle scuole superiori, per far sì che trovino l’indirizzo di studio giusto per loro e non perdano tempo per arrivare al diploma. Ma l’obiettivo, per molti, resta trovare un lavoro il prima possibile. «In certi casi i diplomati sono più ricercati dei laureati, è il caso, ad esempio, degli indirizzi in finanza e marketing» fa notare il professor Ghilardi, che sottolinea come la soluzione del problema non riguardi solo il mondo della scuola e dell’Università.
Il tasso di dispersione scolastica si è abbassato, nella Bergamasca e a livello nazionale, come dimostrano gli esiti delle prove Invalsi, il problema è più quello del riorientamento dei ragazzi delle superiori, per far sì che trovino l’indirizzo di studio giusto per loro e non perdano tempo per arrivare al diploma.
«Quel che servirebbe è una ristrutturazione di tipo sociale – spiega il preside del liceo Sarpi –. Meccanismi che favoriscano la mobilità sociale, la possibilità di crescere attraverso le competenze e l’impegno nello studio. La politica deve investire di più sui giovani». Federica Maria Origo, delegata del rettore dell’Università di Bergamo ai rapporti con le scuole e all’orientamento, concorda sul fatto che «il tasso dei laureati al 20% è basso e fa riflettere ma non sorprende. Il tema ci sta a cuore, come Università. Una provincia come la nostra che punta ad essere competitiva in Italia e in Europa non può prescindere dalla qualità del capitale umano e per questo deve investire sull’istruzione terziaria di Università e Its». I progetti ci sono e coinvolgono più attori. «Stiamo facendo orientamento anche con le imprese, bisogna far passare il messaggio dell’investimento a lungo termine, non vale solo l’aspetto economico e il titolo di studio non è solo un pezzo di carta. Noi insistiamo sulla cittadinanza attiva, formiamo cittadini, non solo lavoratori. E in questo la laurea fa la differenza anche per le imprese che grazie a giovani ben preparati possono crescere, fare innovazione, essere più flessibili e resilienti». In ateneo si lavora per ridurre i tassi di abbandono. «Abbiamo avviato progetti mirati con l’Università di Brescia, formato tutor che affianchino gli studenti dei primi anni, potenziato i colloqui di orientamento e riorientamento. E stiamo lavorando per supportare gli studenti lavoratori, part e full time». Da alcuni anni ormai le attività di orientamento nelle scuole superiori si sono intensificate. E grazie al Pnrr sono state estese. «Dal prossimo anno ci occuperemo anche degli studenti del biennio, formulando le attività a seconda dell’età degli studenti». Orientamento attivo e formativo, lo chiamano, che aiuti gli studenti a fare scelte responsabili e a guardare un po’ più lontano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA