Bergamaschi emigrati, +121% in 20 anni

IL RAPPORTO. Solo nel 2024 sono partiti oltre duemila residenti, ora sono in tutto 72.200. Si espatria per studio, ma anche per cercare lavoro. Gli italiani iscritti all’anagrafe di chi vive all’estero sono 6 milioni.

Sono oltre 6 milioni i cittadini italiani residenti all’estero, tra loro molti bergamaschi, oltre 2.000 nell’ultimo anno, in tutto 72.200 secondo i dati raccolti dal 2006 ad oggi dal Rapporto Italiani nel Mondo promosso dalla Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana.

L’edizione 2024 è stata presentata ieri dalla curatrice Delfina Licata, nell’ambito del convegno «Simposio sulle rotte del talento: fuga e futuro» in sala Galmozzi, organizzato dal Movimento Cristiano lavoratori (Mcl) Giovani di Bergamo in collaborazione con il Mclg Nazionale, l’Unione provinciale Mcl di Bergamo, con il sostegno del Mcl nazionale. A fare da moderatrice, Chiara Caldarella, del direttivo nazionale del Movimento. Oggi la comunità dei cittadini all’estero continua a crescere: al 2006 al 2024 l’aumento a livello nazionale delle partenze è stato del 97%, in Lombardia del 169%, nella nostra provincia del 121%, (il comune di Bergamo, in terza posizione in Lombardia, registra l’incremento del 122%). I dati sono comunque sottostimati perché si riferiscono all’Anagrafe degli italiani residenti all’Estero (Aire), a cui qualcuno non si iscrive.

Dal 2006 al 2024 l’aumento a livello nazionale delle partenze è stato del 97%, in Lombardia del 169%, nella nostra provincia del 121%, (il comune di Bergamo, in terza posizione in Lombardia, registra l’incremento del 122%).

Sono circa 90mila gli italiani partiti nel 2024, di cui 15.799 lombardi, alla volta di 187 Paesi in tutti i continenti. Da sfatare che si tratti solo di giovani cervelli in fuga, meglio parlare di talenti, perché le competenze sono plurime. Dal punto di vista dell’età il 23,2% di chi risiede all’estero ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% appartiene alla fascia di età 18-34 anni e il 19,5% a quella 50-64 anni. Il 14,6% di chi è all’estero è minorenne, mentre gli anziani sono il 21%; di questi il 9,5% ha tra i 65 e i 74 anni, il 6,7% tra i 75 e gli 84 e il 4,8% ha più di 85 anni.

Cambia la motivazione a lasciare l’Italia

E se la spinta a lasciare l’Italia è data dalla ricerca di lavoro, nel tempo è cambiata la motivazione che è sottesa. «Dalle interviste realizzate nel periodo pre-pandemia – ha spiegato Licata -, gli espatriati parlavano di meritocrazia che non vedevano riconosciuta in Italia; ora chi parte esprime il desiderio di genitorialità, ed infatti nel giro di 3-4 anni dal trasferimento nascono i figli». Nella fascia 18-34 anni, giovani con una preparazione medio-alta che trovano all’estero quello che l’Italia non offre: il lavoro come ascensore sociale, accade così che anche una laureata in chimica accetti di fare la commessa, arrivando in breve a incarichi di responsabilità all’interno del brand che l’ha assunta. «In crescita - ha aggiunto Licata - anche la mobilità degli studenti delle superiori, che si sperimentano all’estero ad un’età sempre più bassa. Aspetto positivo ma che aumenta il flusso di chi partirà e non rientrerà perché l’Italia non favorisce la circolarità. L’Italia non è attrattiva nemmeno per gli stranieri, che magari studiano nelle nostre università, ma poi non rimangono». E anche i nuovi cittadini italiani emigrano: tra il 2012 e il 2022 sono stati oltre un milione e 528 mila gli stranieri divenuti italiani; di questi, oltre 146 mila hanno poi trasferito la residenza all’estero.

Nella fascia 18-34 anni, partono per l’estero soprattutto giovani con una preparazione medio-alta che trovano all’estero quello che l’Italia non offre: il lavoro come ascensore sociale.

L’Italia sta diventando un Paese sempre più vecchio, in cui nel 2045 i lavoratori saranno il 10-15% in meno rispetto al 2021: altre riflessioni sono state proposte da Stefano Remuzzi, direttore della pastorale sociale e del lavoro della Diocesi, che ha posto la questione del valore attribuito al lavoro. «In un territorio come il nostro che ha un basso tasso di disoccupazione pari al 2-3% - ha detto - è possibile riflettere su come ridare senso al valore utilizzando le parole di Papa Francesco quando parla di animare il lavoro, abitare il lavoro, appassionarsi al lavoro. I giovani aspirano a un lavoro che dia autonomia, offra soddisfazione, permetta di formarsi». L’avvocato Francesco Pellò ha messo in evidenza che si può tentare di arginare il fenomeno dell’emigrazione italiana rispondendo ai bisogni dei giovani lavoratori che chiedono al mondo del lavoro flessibilità, mobilità interna a un’azienda, investimenti in ambito sociale, formazione, patti di stabilità, pacchetti retributivi competitivi. Ad introdurre il convegno Francesco Spizzirri, delegato nazionale dei giovani del Mcl e la presidente provinciale Mcl di Bergamo Nella Mazzoleni che hanno ribadito l’importanza del protagonismo dei giovani su una questione cosi importante come il lavoro. Un saluto è stato portato da don Cristiano Re, assistente ecclesiastico di Mcl, per il quale la riflessione sul lavoro è questione cruciale a tutti i livelli per impedire lo sfruttamento dei lavoratori stranieri in Italia e fare in modo che i giovani non vadano a cercare lavoro altrove.

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