Assistono i propri cari in casa, per uno su tre impegno 24 ore al giorno

LO STUDIO. Ats ha condotto l’indagine su 524 caregiver. Per il 61,3% lo stress inizia a connotare in maniera negativa la propria vita. L’approfondimento di due pagine su L’Eco di Bergamo in edicola lunedì 23 ottobre.

Hanno risposto alla «chiamata», si sono raccontati, hanno condiviso difficoltà e bisogni. L’ascolto e l’orientamento, lo stress e la fatica della cura. Intervista dopo intervista emerge il ritratto del caregiver bergamasco, di quell’esercito silenzioso – si stima che 116mila persone vivano questo compito – che si dedica all’aiuto o alla cura di un parente in fragilità, o per l’avanzare dell’età o per una patologia. «Sostenere i caregiver», il «laboratorio» lanciato in primavera dall’Ats di Bergamo e da un’ampia rete di partner istituzionali e del Terzo settore, entra nel vivo. Su due fronti: la conoscenza concreta dei cittadini che sono caregiver e i progetti di supporto a queste persone.

Il genere e l’età

Il primo giro di boa è arrivato il 30 settembre, quando l’Ats ha elaborato i risultati dei colloqui con i primi 524 caregiver che si sono «raccontati». Ne è uscito un ritratto attraverso i numeri. Tre su quattro, il 75,8%, sono donne. Con una proporzione quasi identica, il 76,1%, tre caregiver su quattro sono adulti tra i 45 e i 64 anni: e il «23,5% dei caregiver – come annota il report curato da Iorio Riva, sociologo e direttore della Struttura “Network sociali” dell’Ats di Bergamo – rientra nella fascia più anziana, in particolare nel range tra i 65 e i 69 anni, ma con una presenza significativa anche di caregiver nelle fasce d’età più elevate». La classe d’età più rappresentata (123 caregiver dei 524 intervistati, il 23,5%) è quella dei 55-59enni, seguita dai due segmenti anagrafici immediatamente vicini (86 caregiver tra i 60-64enni, cioè il 16,4%, e 81 tra i 50-54enni, il 15,5%).

Due su tre vivono con l’assistito

Alcuni caregiver si prendono cura di più di una persona, perché i 524 intervistati assistono complessivamente 555 persone. Ma qual è il legame tra queste persone? All’incirca due caregiver su tre (il 64,5%) vivono con la persona che assistono. La relazione principale è quella tra figli e genitori: quasi la metà dei caregiver (il 47,7%) è infatti il figlio della persona assistita. In un 23,6% dei casi, invece, è la madre o il padre a prendersi cura del figlio, in un altro 15,5% il caregiver è il coniuge (o compagno/compagna) della persona fragile; i fratelli rappresentano il 6,1%, via via seguono gli altri vincoli. «Per quanto riguarda i figli, più della metà non vive con il genitore; per quanto riguarda i genitori, quasi tutti vivono con il figlio/a di cui si prendono cura», annota lo studio dell’Ats.

Lo sguardo attraverso le fragilità di cui si occupano i caregiver restituisce un quadro con diversi bisogni. Il 31,7% delle persone assistite da un caregiver ha una disabilità, il 25% soffre di demenza (in primis Alzheimer), il 15,9% fa i conti con delle patologie croniche, il 10,5% vive le difficoltà legate alla senilità, il 6,8% soffre di un disagio psichico, il 5,4% è affetto da problemi neurologici e il 3,8% affronta patologie oncologiche. L’incrocio fra i dati consegna così la situazione più frequente: caregiver è soprattutto il figlio che assiste un genitore con problemi di demenza o Alzheimer; quando invece il caregiver è il padre o la madre, lo è perché il figlio vive una situazione di disabilità (prevalentemente dalla nascita).

Stress e bisogni

È un impegno «pieno», quello del caregiver. Perché forte è il legame familiare, ma anche – soprattutto – perché la cura delle fragilità richiede molto tempo quotidianamente. Il 58,9% dei caregiver è infatti impegnato dalle 10 alle 24 ore al giorno (il 36,3%, nello specifico, racconta di occuparsi della persona fragile «giorno e notte»). Nei colloqui si è provato a misurare lo «stress percepito», attraverso una «scala di valutazione» dalla metodologia consolidata nella letteratura scientifica: se un 17,6% degli intervistati vive una situazione di equilibrio e dunque di buona gestione delle emozioni, il 61,3% dei caregiver inizia invece a veder condizionata in maniera negativa la propria vita, mentre il 21,10% sta già «vivendo un sovraccarico di stress che influisce molto negativamente sul benessere». È in particolare nei caregiver tra i 45 e i 64 anni che lo stress è più intenso; ci sono anche delle patologie più correlate allo stress, ed è il caso dei caregiver che seguono persone affette da demenze e cronicità, per via della «questione temporale (durata dello stato di malattia) e alla continua evoluzione (peggioramento) della malattia stessa».

L’obiettivo del «laboratorio», oltre alla conoscenza dei caregiver, è quello di offrire delle risposte. Partendo appunto dai bisogni percepito. Quel che chiedono i caregiver è principalmente di «essere sollevati dal lavoro di cura» (24% delle risposte), l’«attivazione di servizi» (16%), ma anche l’«orientamento nei servizi» (15%); insieme al bisogno di un sostegno economico (12%), c’è anche il tema del sostegno psicologico (11%).

Oltre ai rilievi quantitativi, «emerge inoltre che il rischio di solitudine di questi caregiver è elevato – conclude lo studio dell’Ats –: molti di loro hanno un impegno di cura molto intenso che si sviluppa nell’arco di tutta la giornata e spesso della notte».

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