«Asili nido, al lavoro sulle liste d’attesa. Anche così la città sarà più attrattiva»

L’INTERVISTA. Marzia Marchesi rafforza le sue deleghe con i Servizi educativi e scolastici: «Più collaborazioni contro il disagio giovanile». «Io militante? Sì, se significa essere coerenti nei valori».

L’accoglienza, nell’ufficio al piano terra di Palafrizzoni, è tra gli scatoloni. Marzia Marchesi, in Giunta, non detiene solo il record di preferenze, ma anche di traslochi: è al settimo. L’ultimo, in corso, è per le nuove deleghe. In aggiunta ad alcune del Gori bis, la sindaca Elena Carnevali le ha infatti affidato una parte consistente del «pacchetto» che fu di Loredana Poli: Servizi per l’infanzia, educativi, scolastici e Politiche giovanili.

Si riparte da un nuovo ufficio?

«Ne avrò più di uno, perché i servizi hanno sedi diverse: qui a Palafrizzoni terrò l’ufficio istituzionale, poi ci sono il Polaresco, il Centro famiglia e l’Informagiovani».

Alla presentazione della Giunta si è infatti detta sorpresa. Non si aspettava un cambio di deleghe?

«Mi sarebbe piaciuto continuare a lavorare sul Verde e sui Servizi abitativi pubblici, dove negli ultimi cinque anni abbiamo avviato progetti importanti. Ne abbiamo parlato a lungo con Elena (Carnevali, ndr), che ha fatto una scelta diversa. In considerazione anche della mia esperienza amministrativa, mi ha affidato un assessorato importante, con il budget di spesa più consistente. Mi sono messa a disposizione».

Da insegnante, però, ha detto di parlare la stessa lingua di questi settori.

«Per 28 anni ho fatto l’insegnante di scuola primaria, quindi è un mondo che conosco bene, sono deleghe che mi appartengono. Il lavoro dell’insegnante, insieme a quello negli enti locali, è il più bello che si possa fare, perché fa crescere il senso di comunità, può contribuire a cambiare la società, il contesto».

Che cosa la preoccupa di più allora?

«La fascia 0-6 anni, per me la più nuova. Richiede ascolto, risorse, formazione, nell’ottica della “buona scuola” che mira a collegare i primi sei anni di vita in un intervento educativo organico, anche se su due scuole diverse, che devono imparare a dialogare».

Qui si gioca anche la partita fondamentale degli asili nido.

«È un tema centrale. Perché se il nostro obiettivo è far diventare Bergamo più attrattiva per i giovani, non dobbiamo solo rendere accessibile la casa, ma anche i servizi come gli asili nido».

Le liste d’attesa restano però un problema.

«I fondi del Pnrr ci stanno permettendo di ampliare le strutture, aumentando i posti. Ma il Pnrr non prevede fondi per la gestione e il personale: dobbiamo trovare risorse nostre, e questa sfida è già stata posta dal segretario generale del Comune».

Poi i bambini crescono...

«E allora, dalle medie alle superiori, bisogna rafforzare e consolidare i rapporti, non lasciandoli solo alla buona volontà di qualche insegnante più sensibile. Con le superiori, ad esempio, negli ultimi anni abbiamo lavorato insieme sui temi della pace, della legalità e delle pari opportunità, che sono alcune delle mie altre deleghe».

La sindaca ha già detto che i giovani avranno un ruolo centrale nei prossimi cinque anni: come coinvolgerli?

«Innanzitutto ascoltandoli. Ho già avuto richieste d’incontri, e tanti ne ho fatti in campagna elettorale. Tra le richieste più forti, il bisogno di spazi, senza necessariamente dover “consumare”. È un punto da sviluppare. Non si parte da zero: tanto si sta già facendo, ci sono persone competenti e sul pezzo. Anche se si può sempre migliorare».

Dal fenomeno dei «maranza» a quello del ritiro sociale, cresce il disagio giovanile. Come affrontarlo?

«I giovani non sono tutti uguali, quindi in tasca non c’è un’unica risposta. È necessario coordinare gli interventi con le altre agenzie del territorio, per un lavoro di rete e un approccio dialogante, in modo da elaborare proposte capaci di intercettare i giovani e i loro bisogni».

Ma il Comune cosa può fare?

«Il progetto “Giovani onde” (gli educatori di strada, ndr), che è appena stato potenziato, può essere ulteriormente sviluppato. Anche il tema delle seconde-terze generazioni va affrontato in modo positivo, come risorsa. La scuola può veramente aiutare, come il luogo più democratico che ci sia, dove le persone possono crescere confrontandosi nelle diversità. Ma non si può delegare tutto alla scuola. Dal canto nostro potremmo coinvolgere di più le comunità di provenienza di questi ragazzi, per costruire insieme delle risposte. E poi c’è l’Informagiovani, che intercetta i ragazzi e costruisce belle opportunità per l’inserimento scolastico e lavorativo».

Quali risultati vi aspettate?

«Non penso a grandi numeri, ma a un intervento quasi sul singolo, per creare poi una “contaminazione positiva”».

Ha tenuto la delega alla Pace che nello scorso mandato è stata oggetto di contestazioni.

«È stata messa in discussione in una sola occasione, da una sola persona. Il Comune è impegnato in progetti di cooperazione internazionale, da Gerico all’Etiopia, e partecipa a tante iniziative per diffondere la cultura della pace e non “assuefarsi” alla guerra. Tra le tante realtà, ringrazio in particolare “Molte Fedi” per aver seminato attenzione rispetto alle tante situazioni del mondo».

Sul conflitto in Medioriente non ritiene di aver fatto dei passi falsi?

«Le atrocità dell’attacco del 7 ottobre (di Hamas a Israele, ndr) vanno condannate, ma rivendico il diritto di dire che quello che sta succedendo a Gaza è inaccettabile. A Gaza bisogna chiedere il cessate il fuoco come in Ucraina, Sudan e in altre situazioni di guerra. Siamo sempre dalla parte delle vittime, che ci sono anche a Gaza e non sono giustificabili per nessun motivo».

È considerata tra le figure più «militanti» della Giunta. Si riconosce in questa definizione?

«Piace dare delle “etichette”. Se per militante s’intende la coerenza nei valori, anche nelle difficoltà, allora direi di sì. Sin da giovane mi riconosco nel motto “liberté, égalité, fraternité”».

Se riferita al Pd, invece, questa militanza non la sente?

«Nel Pd ci sono persone con cui condivido valori forti, ma nel partito i veri militanti sono ad esempio i miei amici Angelo e Maria Pia, che per dieci giorni, con qualsiasi meteo, hanno fatto i volontari alla Festa dell’Unità di Scanzorosciate. Io questa militanza così forte verso il Pd non ce l’ho».

Eppure è stata tra i pochi a ringraziare anche il Pd per il risultato.

«Sono nel Pd da quando è nato ed è l’unica tessera di partito che ho avuto. A parte quella della Cgil da insegnante. Ho ringraziato il Pd ed Elena, perché mi hanno dato l’opportunità di fare l’assessore. C’è un aspetto di servizio ma anche di soddisfazione personale, nel poter lavorare per la città. Ho chiesto se era il caso di ricandidarmi, visto che sono in Comune dal 2006, e hanno ritenuto che il mio contributo potesse essere ancora utile».

E in effetti è stata la più votata, con oltre mille preferenze.

«È stato un risultato molto emozionante. Un amico di Monterosso mi ha detto: “la tua vittoria è anche la nostra”. Un riconoscimento che m’investe della responsabilità di lavorare, con tutta l’amministrazione, per una città più inclusiva e aperta. Dai diritti alle pari opportunità. Il bello di un amministratore è proprio questo: il cercare di tradurre valori alti in azioni concrete».

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