Cronaca / Bergamo Città
Venerdì 05 Giugno 2020
Ancora pazienti gravi in ospedale
«Fanno molta fatica a guarire»
Il primario di pneumologia Fabiano Di Marco: «Venti casi ricoverarti in Terapia intensiva da 4-6 settimane con complicanze».
Non c’è tempo per godersi il titolo di Cavaliere al merito che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha appena conferito, e che lui ha dedicato alla famiglia e a tutti i colleghi. Il pensiero è fisso sui pazienti, in particolare su quelli ancora gravi. A ricordare, sotto gli occhi ogni giorno, cosa sia il Covid 19, in ore in cui si dibatte se il virus sia clinicamente vivo o meno.
Fabiano Di Marco, primario di Pneumologia dell’ospedale Papa Giovanni, tratta con «distacco tecnico» una materia complicata dal punto di vista umano. Parla con garbo e delicatezza. «Non abbiamo più nuovi casi intesi come gravi insufficienze respiratorie da Covid 19, ma abbiamo pazienti in terapia intensiva che faticano a guarire anche dopo mesi», ha dichiarato.
I pazienti
E lo conferma: «Tra la Terapia intensiva e la terapia semintensiva abbiamo ancora una ventina di pazienti che dopo 4-6 settimane di ricovero facciamo fatica a staccare dalla ventilazione, con una serie di complicazioni infettive e cardiovascolari». Il confronto col «collega» Luca Lorini, primario di Rianimazione, è costante e quotidiano. Per capire, per agire, per non sottovalutare.
«Sono pazienti dai 35 ai 70 anni, di tutte le età, fortemente rappresentata anche la terza-quarta decade di vita», a dimostrare (nel caso ce ne fossimo dimenticati) che non si è di fronte a una malattia da anziani. Sono pazienti che hanno richiesto una ventilazione invasiva, spesso tracheostomizzati, che non è ancora stato possibile - per la gravità delle loro condizioni - portare al livello di autonomia necessaria per essere accompagnati in reparti dove non è necessario il monitoraggio, in centri per la riabilitazione o in centri per lo «svezzamento» (weaning), dove tornare alla respirazione autonoma.
«Sono situazioni gravi – spiega il professor Di Marco – conseguenza dei danni polmonari, e quindi dell’insufficienza respiratoria, provocata dal virus; cui si aggiungono le altre manifestazioni della malattia, che colpisce anche il circolo e i vasi; nonché le complicanze infettive e le altre problematiche derivate da un prolungato ricovero in terapia intensiva e dalla necessaria invasività per tenere in vita i pazienti».
Se il polmone, infatti, è l’obiettivo evidente del virus, è ormai accertato che l’attacco sia multiplo, con altri organi sotto scacco e conseguenze cardiovascolari, renali, neurologiche. Proprio per valutare gli effetti a medio termine il Papa Giovanni ha aperto un nuovo ambulatorio di follow up per gli ex Covid (dall’ospedale della Trucca ne sono passati quasi 2 mila).
Le cure
«L’ambulatorio di follow up seguirà i pazienti guariti da coronavirus e dimessi, faremo del nostro meglio per seguirli, proprio per capire anche le conseguenze del virus a medio termine», precisa il dottor Di Marco. Un traguardo però lontano, per le persone ancora ricoverate in Terapia intensiva o semintensiva. Se i «nuovi arrivi» continuano a diminuire, facendo ben sperare, restano infatti critici i casi della prima fase. «Fortunatamente non ci sono nuovi casi di gravi insufficienze respiratorie – il primario descrive l’attuale situazione al Papa Giovanni –, ricoveriamo ancora pazienti con tampone positivo, ma è una cosa diversa. Le venti persone ricoverate tra terapia intensiva e semintensiva richiedono invece ancora il monitoraggio, non sono ancora autonome dal punto di vista respiratorio e del circolo».
Il dottor Di Marco ricorda anche come «i centri di riabilitazione siano pochi in assoluto, ancora di più in questi giorni. È difficile reperirli perché possano accogliere questi pazienti». Una difficoltà nella difficoltà, di fronte alla quale però non ci si arrende. Il riconoscimento di Mattarella , con la sua ambivalenza emotiva («È una cosa bella a testimoniare però un momento difficile», ammette Di Marco) sprona ad andare avanti. «Con ottimismo e cautela», sono le parole d’ordine. Di una missione prima ancora che di un lavoro
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