Allarme disagio psichico, rispetto al «pre Covid» +431% di giovani in cura

I DATI. Gli under 25 presi in carico al «Papa Giovanni» sono passati dai 127 del 2019 ai 675 del 2023. «Serve lavorare sulla prevenzione e sulla persona».

C’è il disagio ancora lieve e la patologia conclamata. Oppure l’effetto delle sostanze stupefacenti, da quelle «classiche» a quelle nuove con effetti ancora da comprendere. E poi i traumi, il disagio familiare, l’autolesionismo.

I numeri

La salute mentale è una costellazione che si riassume in numeri in crescita, con un’accelerazione fortissima tra i «giovani adulti»: i dati delle prestazioni ambulatoriali del Dipartimento di Salute mentale e delle Dipendenze dell’Asst Papa Giovanni raccontano infatti che il totale dei pazienti presi in carico è passato dai 4.397 del 2019 ai 5.315 del 2023, in aumento del 20,9%, ma se si restringe il campo ai soli under 25 (i «giovani adulti», minori esclusi) si sale dai 127 del 2019 ai 675 del 2023, con un balzo addirittura del 431,5%, mentre nella fascia 25-64 anni l’incremento è «solo» del 17,9% e tra gli over 65 si scende invece del 18,9%.

La bussola dei dati è emersa dall’«assemblea cittadina» promossa alla Social Domus dalla Campagna per la Salute mentale, coordinamento lombardo di associazioni impegnate sul tema. Nei dati illustrati da Donatella Moliterno, responsabile del Cps (Centro psico sociale) 2 dell’Asst Papa Giovanni, scorre appunto questa fotografia: «Le richieste di accesso ai servizi di salute mentale sono in crescita, soprattutto tra i giovani. È ad esempio aumentato l’uso di sostanze: non solo gli stupefacenti classici, ma anche sostanze nuove che ogni giorno vengono immesse sul mercato e di cui non conosciamo gli effetti a lungo termine. La risposta del sistema sociosanitario va nella direzione dell’implementazione dell’offerta, collaborando anche con associazionismo e cooperative, nel consolidamento dei processi virtuosi e nell’ampliamento della collaborazione e della condivisione progettuale. Serve lavorare sulla prevenzione, intervenendo sulla persona prima che questa diventi un paziente».

«Ripartire dal territorio»

Nel convegno si sono alternate più voci e prospettive. «Insieme ci impegniamo per sensibilizzare – è stata l’introduzione di Marcella Messina, assessore alle Politiche sociali di Bergamo –: anche se la strada è ancora lunga, si lavora per percorsi reali di inclusione». «C’è un paradigma culturale da cambiare – è l’esortazione di don Virginio Colmegna, presidente della Campagna per la Salute mentale –, una battaglia contro lo stigma per mettere al centro la persona. Bisogna ripartire dalla comunità, dal territorio, chiedendo investimenti alle istituzioni in primis sul personale». Fare rete, appunto: «La famiglia oggi sostiene il maggior carico di cura: i familiari manifestano alti livelli di fatica, con un’intensificazione del disagio nel corso del tempo – rimarca Camilla Morelli, referente bergamasca della campagna e vicepresidente dell’Urasam Lombardia, associazione di familiari impegnati per la salute mentale –. Come Forum provinciale delle associazioni lanciamo alcune proposte: reciproco ascolto e conoscenza dei servizi, incontri periodici con i Dipartimenti di Salute mentale, attivazione del Tavolo di Salute mentale in tutti gli Ambiti territoriali, ripresa dei gruppi di lavoro».

«Di fronte a situazioni gravi, gli insegnanti e i dirigenti scolastici sono a volte disorientati: c’è bisogno di supporto delle istituzioni, delle forze dell’ordine, dei servizi socio-assistenziali»

Il ruolo della scuola

In campo ci sono anche le scuole: «Il Covid ha scoperchiato una situazione già esistente – riflette Ilenia Fontana, referente della promozione della salute per l’Ufficio scolastico territoriale –. Di fronte a situazioni gravi, gli insegnanti e i dirigenti scolastici sono a volte disorientati: c’è bisogno di supporto delle istituzioni, delle forze dell’ordine, dei servizi socio-assistenziali». La dimensione del territorio è cruciale: «Si stanno realizzando progetti, dalle Case di comunità agli Ospedali di comunità, che devono portare gli aspetti diagnostici e terapeutici sul territorio, cioè nei luoghi vicini al cittadino – ricorda Iorio Riva, direttore del Dipartimento della Programmazione per l’integrazione delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie con quelle sociali dell’Ats Bergamo –. Stiamo cercando di portare le attività a bassa intensità assistenziale dentro i territori».

Anche in fatto di salute mentale, un nodo è rappresentato dalle risorse: «Quelle a disposizione sono insufficienti, c’è la carenza di diverse figure professionali e anche una fuga dal pubblico al privato, mentre le risorse di volontariato sono mediamente in flessione», osserva Raffaele Casamenti, di Aeper. Una strada per l’inclusione di chi affronta un disagio mentale è quella dell’autonomia: «È fondamentale – rimarca Giovanni Faggioli, direttore della cooperativa La Bonne Semence – garantire la presenza di progetti di housing che consentano l’autonomia una volta usciti dai percorsi di presa in carico». Il convegno ha lasciato poi spazio a un ampio dibattito: tra gli interventi, anche quelli di Elena Carnevali, candidata sindaco del centrosinistra e già deputata in Commissione Affari sociali, e Davide Casati, consigliere regionale del Pd.

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