Aggressioni in ospedale, è allarme. «In Psichiatria un caso a settimana»

L’INDAGINE. I dati emersi dal congresso degli Spdc. Il «nodo» dei pazienti autori di reato ospitati in reparto: le Rems sono poche e sature. Bondi: «A Bergamo su 28 posti 8 sono occupati da loro».

La morte della psichiatra Barbara Capovani, uccisa da un paziente a Pisa lo scorso aprile, sembra rappresentare la punta di un iceberg: un’indagine su 2.600 professionisti della salute mentale, di cui 1.400 psichiatri, certifica che metà degli operatori subisce violenze nei reparti. I dati sull’aumento dei pericoli per chi lavora con i pazienti psichiatrici emergono dall’indagine del coordinamento nazionale dei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc), presentata ieri al 12° congresso nazionale al Centro congressi Giovanni XXIII, che si terrà fino a domani.

Per Emi Bondi, presidente del coordinamento Spdc e della Spi, Società italiana di Psichiatria e direttore del Dipartimento di Salute mentale dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, «il gruppo di lavoro della Spi, dopo il tragico evento della psichiatra Capovani, ha condotto questo sondaggio sugli operatori della salute mentale, con al centro la percezione dell’esposizione alla violenza, la sicurezza sul lavoro in pronto soccorso, nei reparti di psichiatria e nelle strutture territoriali.

Si è inoltre indagata la percezione di sicurezza sulle tematiche connesse alla diagnosi e cura di persone affette da patologia psichiatrica e autori di reato. I risultati hanno confermato quanto si poteva percepire da tempo: una situazione di costante pericolo per chi lavora, non solo dentro l’ospedale. Oggi circa il 30% dei posti nei dipartimenti è occupato da pazienti autori di reato che possono mettere a rischio la sicurezza anche degli altri pazienti, e questo accade perché non si riesce a trovare la giusta collocazione a queste persone, che dovrebbero andare nelle Rems, residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Nel reparto di Bergamo, per esempio, su 28 posti letto 8 sono occupati da autori di reato. E i casi di violenza subiti dagli operatori non sono mancati». Sempre restando nella Bergamasca, Bondi spiega che, come si sta verificando in tutta Italia, anche qui si è a una media di una aggressione a settimana, verbale o fisica che sia, nei confronti degli operatori.

Aggressioni, i numeri

Spinte, aggressioni fisiche e minacce verbali subite sono diventate quasi ordinaria amministrazione per chi lavora nel campo della salute mentale e la percezione del rischio rappresenta uno degli elementi di fuga degli operatori dal Servizio sanitario. Il 49% dei professionisti interpellati ha subito violenza (dalla semplice spinta all’aggressione vera e propria) durante il lavoro nel corso degli ultimi due anni (il 27% più di una volta), il 74% ha subito minacce verbali da parte di pazienti durante il lavoro nel corso degli ultimi tre mesi (il 52% più di una volta), il 57% degli psichiatri sente a rischio la propria incolumità sul lavoro. Solo il 7% degli psichiatri rileva un’adeguata tutela per la loro sicurezza (protocolli e collaborazione con le forze dell’ordine). Il problema più difficile da gestire resta quello dei pazienti autori di reato, inviati dall’autorità giudiziaria nei Dipartimenti di Salute mentale. Le Rems (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) che dovrebbero ospitare questi pazienti sono sempre sature.

«In Lombardia la struttura di Castiglione delle Stiviere è di 160 posti – aggiunge Bondi – . A livello nazionale si contano 650 posti nelle Rems, ma oltre 800 persone sono in lista di attesa per entrarci e molte occupano per mesi i posti negli Spdc, in attesa di collocazione». Per Giancarlo Cerveri, coordinatore dell’indagine e direttore del Dipartimento di Salute mentale dell’Asst Lodi, «tra le necessità, occorre adeguare il numero di posti letto per acuti che attualmente risultano insufficienti ai bisogni della popolazione, per la chiusura di molte strutture a causa della carenza di operatori, e servono spazi di ricovero adeguati per i bisogni di cura di pazienti sempre più giovani, con problemi di uso di sostanze stupefacenti».

Al convegno è intervenuta anche Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’Asst Papa Giovanni: «L’integrazione tra reparti di degenza psichiatrica e territorio è un tema aperto e urgente, che richiede investimenti. Tutti stiamo scontando la carenza di psichiatri. Ci auguriamo che il gap venga colmato, anche se il nostro ospedale resta attrattivo nonostante le difficoltà. I reparti di Psichiatria sono luoghi delicati dove arriva il paziente in fase acuta della malattia e dove spesso oggi vengono gestiti anche gli autori di reato. Dobbiamo prevenire atti di violenza nei confronti degli operatori attraverso la formazione e iniziative già in atto al “Papa Giovanni”. Tra queste, abbiamo arricchito il nostro reparto in ospedale non solo di attrezzature per migliorare la permanenza dei pazienti, ma anche di figure come educatori e psicologi dedicati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA