Aeroporti, il low cost perde un po’ quota: il report del centro studi UniBg

SCENARI. Presentato il nuovo Fact Book di Iccsai, centro studi dell’Università di Bergamo, sull’evoluzione del settore. Lieve calo dei posti offerti e parziale recupero delle compagnie tradizionali. Ma Ryanair resta nettamente leader.

Sempre low cost, ma un po’ meno low cost. Sia dal punto di vista delle tariffe (ma i prezzi sono generalmente in crescita nel settore da parecchio) che delle quote del mercato. Che comunque resta ancora saldamente controllato dalle solite note, Ryanair in testa. Ma ci sono segnali positivi anche da Ita (nel 2023 ha registrato un tasso di crescita del 47%, il più elevato tra le principali compagnie europee, seppure i livelli di Alitalia restino lontani) ed Aeroitalia: nel primo caso i posti offerti nei primi 8 mesi del 2024 sul fronte domestico sono passati dal 29,3 al 30,6% del mercato, nel secondo dal 4,2 al 7,6. Allargando il fronte ai collegamenti europei (e includendo la quota domestica) il dato è rispettivamente del 15,3 e del 3,1, entrambi in crescita rispetto all’analogo periodo del 2023.

Lo studio

Sono alcuni tra i dati più interessanti emersi nella presentazione del Fact Book Iccsai Transport and sustainable mobility del 2024 redatto da Itsm, il Centro studi dell’Università di Bergamo: un autentico faro per il settore. Uno studio che ormai da 18 anni offre un quadro aggiornato della situazione e le prospettive di un settore-chiave per lo sviluppo del sistema Paese, questa volta presentato a Firenze, ospiti di Toscana Aeroporti (ovvero Firenze e Pisa): per Sacbo c’erano il presidente Giovanni Sanga e il direttore generale Amelia Corti.

«Anche nel 2024 si attende un riequilibrio delle quote di mercato delle compagnie aeree tradizionali nei Paesi con la maggiore presenza di low cost come Gran Bretagna, Spagna e Italia» spiega Renato Redondi di Itsm ipotizzando «una possibile saturazione» di questo tipo di offerta nel post Covid. Le compagnie tradizionali stanno lentamente recuperando, ma attenzione la quota di low cost nel Belpaese è comunque «superiore di oltre 11 punti percentuali al dato europeo per i collegamenti continentali: il gap sfiora il 17% se ci spostiamo su quelli domestici. Dove la tendenza al ribasso si registra però dal 2022 in qua: il comparto low cost rappresentava allora il 64,5% dell’offerta, il 58,6 l’anno scorso e la proiezione per quello in corso è del 54,6%. La media europea nello stesso tempo è scesa dal 40,8 al 37,7%. Nei collegamenti continentali (sempre includendo il dato dei voli domestici) dal 2022 al 2024 la quota low cost nel mercato italiano è invece salita dal 58,3% al 59,8 a fronte di un dato europeo che va in direzione opposta, dal 50 al 48,3%. Evidente conseguenza dell’assenza di un vettore nazionale forte.

Ryanair resta leader

Nonostante tutto comunque il pallino resta in mano a Ryanair che si conferma «la principale compagnia aerea in Europa con una crescita di oltre 13 punti percentuali» nel 2023, più di Air France-Klm Group ma ovviamente meno dei colossi Lufthansa e Iag (British, Iberia…) forti del loro predominio sul mercato dei voli intercontinentali.

Numeri assoluti alla mano, tra gli irlandesi volanti e i tedeschi ci ballano comunque quasi 60 milioni di passeggeri: 181 milioni e 700mila contro 122 milioni e 535mila. Sul fronte interno, invece, la compagnia di Michael O’Leary ha il 44,3% dei voli domestici e il 38,2 di quelli europei, in entrambi i casi con una flessione minima, tra lo 0,6 e lo 0,7% nella comparazione tra il 2023 e le proiezioni dell’anno in corso. In sintesi «Ryanair si conferma il vettore nazionale, ma la quota low cost si riduce leggermente anche nel 2024 per la stabilizzazione dell’offerta di Ita e la crescita di Aeroitalia». Calo di un punto invece per EasyJet che registra anche una lieve flessione sul mercato europeo, mentre Wizzair ne perde 2,3 nella prima tipologia ed è sostanzialmente stabile (più 0,1) nella seconda. Sul piano continentale la compagnia ungherese è comunque quella cresciuta maggiormente dal 2019 a oggi, più 52%.

L’Italia ha però una dipendenza dai voli a basso prezzo maggiore della media europea

Capitolo aeroporti, le posizioni nel Belpaese sono ormai definite e sostanzialmente quelle di sempre: Fiumicino, Malpensa e Orio al Serio nell’ordine. «Bergamo, Napoli, Bari e Brindisi sono stati tra gli scali con le crescite maggiori negli ultimi 5 anni» si legge nel rapporto, con valori che si muovono tra il 20 e il 30%. Ma va segnalata anche la «rivitalizzazione» di Linate «spinta dalla crescita del domestico»: più 40% dal 2019 e più 15,7 nei primi 8 mesi dell’anno in corso paragonati al medesimo periodo del 2013. Dove Orio è cresciuta di 11 punti, Malpensa di oltre 9, Catania di quasi 19 e Fiumicino sfiora il 25%.

Dati che confermano la buona salute del mercato italiano che già «nel 2023 aveva recuperato i livelli di traffico pre Covid». Tra i primi 20 scali solo Fiumicino e Linate hanno una compagnia di riferimento non tradizionale, cioè Ita, il resto è tutto low cost: in 15 casi Ryanair con percentuali che vanno dal 79,4 di Orio al 24,6 di Venezia, Easy è il vettore principale di Malpensa e Olbia, Vueling di Firenze. Sempre nei primi 8 mesi dell’anno va registrato un più 17,9% del traffico merci (a fronte di un dato europeo ancora in contrazione), anche in questo caso con Fiumicino a tirare le fila (più 57,9) e Orio che recupera l’8,7%.

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