Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 25 Gennaio 2023
Addio a Gaetano Azzolina, cardiochirurgo dei bambini
La scomparsa. A Bergamo, assieme a Parenzan, fu pioniere della disciplina. Dal 1965 lavorò all’Ospedale Maggiore, passando, nel 1967, alle Gavazzeni.
Il suo cuore ha smesso di battere lo scorso sabato, ma di cuori ne ha fatti vivere (e rivivere) tantissimi: difficile contarli, perché le vite non sono numeri. Gaetano Azzolina s’è spento a 91 anni nella sua casa di Sarzana, dove ha concluso una vita sempre in movimento, nel segno della medicina. Il suo nome resterà inciso nella storia della cardiochirurgia pediatrica, e dunque anche in quella della sanità bergamasca: luminare della disciplina, professionista eclettico, ha lavorato all’allora Ospedale Maggiore di Bergamo tra il 1965 e il 1967, poi alle Cliniche Gavazzeni fino al 1970. Siciliano nato a Riesi il 29 maggio 1931, la sua è stata una carriera da globetrotter, perché dopo la laurea a Palermo va a perfezionarsi in chirurgia toracica e vascolare per dieci anni negli Stati Uniti, tra Missouri e Texas, prima di riportare quelle conoscenze in Italia.
Anni straordinari, pionieristici. Bergamo è la svolta. Arriva qui a metà degli anni Sessanta, circa un anno dopo Lucio Parenzan, luminare assoluto e indimenticabile: i due sostanzialmente «creano» la cardiochirurgia pediatrica, ambito che poi Parenzan proseguirà con risultati profondissimi per i successivi decenni in terra orobica. Nel 1967 Azzolina passa appunto alle «Cliniche Gavazzeni», fondando e divenendo responsabile della cardiodiagnostica strumentale e della cardiochirurgia, con il primo intervento di cardiochirurgia eseguito in una struttura privata italiana. Nel 1970 si sposta invece all’ospedale di Massa, in Toscana, poi dagli anni Novanta – dopo una parentesi da deputato col Partito Radicale tra il 1990 e il 1992 – apre una propria clinica a Sarzana.
Il suo cuore ha smesso di battere lo scorso sabato, ma di cuori ne ha fatti vivere (e rivivere) tantissimi: difficile contarli, perché le vite non sono numeri
Quell’epopea bergamasca poggia le fondamenta sulla lungimiranza che scocca dall’incontro tra uomini delle istituzioni e della scienza. In quegli anni il presidente dell’Ospedale Maggiore era l’avvocato Luciano Pezzotta e nel Consiglio d’amministrazione sedeva un giovane Silvio Garattini: «Avevamo individuato in Azzolina un importante cardiochirurgo, che aveva lavorato già molto negli Stati Uniti e che poteva dare un contributo molto importante a Bergamo – racconta Garattini, farmacologo, fondatore e presidente dell’Istituto Mario Negri -. Ha dato grande lustro e grande notorietà all’ospedale. È stato parte di una fase pionieristica che ha fatto di Bergamo una “scuola” riconosciuta a tutti i livelli. In molti hanno imparato da lui, aveva un grande entusiasmo».
«Azzolina ha insegnato la professione a tantissimi medici. Aveva delle doti straordinarie»
Azzolina «aveva la chirurgia nel sangue», è la metafora che tratteggia Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, il cui affresco comincia da una pennellata su quegli anni straordinari per Bergamo. «Era l’ospedale che l’avvocato Pezzotta seppe rivoluzionare e portare a un livello stratosferico – sottolinea Remuzzi -. Supportato dal professor Garattini riusciva a reclutare i migliori medici, ovunque fossero: è stata una stagione incredibile. Azzolina ha insegnato la professione a tantissimi medici. Aveva delle doti straordinarie, come Giuseppe Locatelli (altro chirurgo di rilievo dell’ospedale di Bergamo, ndr): un medico con la chirurgia nel sangue, che in sala operatoria sapeva incantare per l’abilità tecnica. È una persona a cui il nostro ospedale deve moltissimo». Serio ma non serioso: fuori dalla sala operatoria, tra le passioni di Azzolina c’era la chitarra.
La stagione d’oro della cardiochirurgia pediatrica all’ospedale di Bergamo porta all’impegno per costruire una nuova strada nella cura delle patologie congenite, con un’«intensa ricerca» e una «cardiochirurgia d’avanguardia, l’inizio di qualcosa di nuovo», ricordò Azzolina alcuni anni fa. È il periodo in cui Lucio Parenzan comincia a salvare da morte certa i «bambini blu», i piccoli affetti dalla tetralogia di Fallot.
Non mancarono gli attriti con lo stesso Parenzan, anche per via del carattere forte di Azzolina, ma a distanza di anni i due seppero ricomporre i dissidi. Insieme, così, i loro nomi restano nella storia della cardiochirurgia pediatrica e nei cuori – letteralmente – dei tanti bimbi che a Bergamo hanno trovato una nuova vita.
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