Addio al cardiologo Paris
Una vita al servizio dei malati

Aveva 87 anni, 36 dei quali trascorsi nell’ospedale di Alzano. Originario di Tavernola, nel suo paese fu il primo laureato in Medicina.

Si continua a morire per il Covid-19 nei paesi della bergamasca. Tra le 84 vittime di venerdì 3 aprile c’è anche il medico di 87 anni Riccardo Paris, deceduto all’ospedale di Calcinate a causa dell’invisibile killer. La notizia della morte dello specialista è corsa tra i sanitari dell’ospedale di Alzano Lombardo dove ha svolto la sua professione per trentasei anni, prima come medico chirurgo poi come primario di cardiologia fino al 2002. Molto apprezzato per la sua competenza ed esperienza, nonostante fosse andato in pensione, aveva continuato la sua collaborazione come medico cardiologo in diverse istituzioni, in particolare presso il Centro Don Orione di Bergamo.

Paris era molto conosciuto anche nei paesi del Basso Sebino. Originario di Tavernola dove era nato nel 1933, fu il primo laureato in medicina del paese, come ricordano con affetto tanti tavernolesi che l’hanno conosciuto, dove vivono il fratello Lino e la sorella Grazia. Dal 1963 al 1966 era stato infatti medico supplente all’ospedale Faccanoni di Sarnico, aveva anche prestato servizio come medico di base oltre che nella cittadina lacustre del basso lago, nei Comuni di Predore, Vigolo e Parzanica. La notizia della sua morte è stata accolta con mestizia dalla popolazione locale che ha avuto modo di apprezzarlo non solo come medico, ma come uomo di grande umanità. Lascia nel dolore la moglie Mariuccia originaria di Predore e la figlia Viviana, chirurgo estetico a Bologna. Al medico Paris è toccata la stessa sorte di tanti altri bergamaschi e italiani morti in solitudine senza il conforto dei propri cari.

Pubblichiamo la lettera toccante della figlia Viviana, espressione del comune sentire di questi drammatici giorni. «La tristezza per non averti potuto più vedere, non per la distanza Bologna-Bergamo, ma per il distanziamento, imposto dalla pandemia. Il dispiacere per non esserci più potuti far compagnia, abbracciare, stringere, accarezzare e alla fine salutare, perché, una volta intrappolato in ospedale, il maledetto virus ti ha contagiato. Lo strazio perché te ne sei andato solo, nella solitudine dell’isolamento senza conforto dei tuoi cari. Il tormento perché, in questo momento, se io non ho alcun diritto di libertà, tu non hai alcun diritto di rito funebre. Il dolore perché parenti, amici, colleghi e pazienti tuoi, dovranno stare, soli e lontani, nella propria casa senza poterti portare l’ ultimo saluto. Il pianto perché oggi sarai anche tu in quel numero, insieme agli altri sfortunati bergamaschi, lombardi, italiani. La sconforto di essere impotente spettatrice di questo crudele destino. Hai trascorso la tua vita a curare i cuori, da bravo cardiologo. Continua, ancora, ti prego, in qualche modo, da super papà, a curare il mio, quello della mamma, di Andrea e di chi sente la tua mancanza. Il nostro cuore è a pezzi. Ciao, papà, ti voglio tantissimo bene».

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