Addio a Amedeo Baldizzone
Campione di sfortuna messo ko dal destino

Grande promessa del settore giovanile atalantino negli anni ’70. Debuttò in A contro l’Inter, poi andò al Cagliari ma chiuse la carriera a 24 anni.

Nemmeno Santa Lucia ha potuto evitare di portarci, in quest’anno maledetto, cattive notizie. Nella notte del 13 dicembre è volato via Amedeo Baldizzone, Baldo per chi lo conosceva bene, grande promessa del calcio italiano, stopper che ha dovuto smettere di giocare per le avversità del destino che gli hanno martoriato le ginocchia.

Baldo era nato a Genova nel 1960 ed era entrato giovanissimo nel settore giovanile dell’Atalanta, tanto che frequentava le elementari a Zingonia. Dopo tutta la trafila, si fa notare nella Primavera allenata da Luciano Magistrelli, che annovera Simonini, Roccatagliata, Zambetti, Filisetti e altri ancora, con relativo esordio in Serie A il primo aprile 1979, nella partita casalinga con l’Inter. Due sole presenze (l’altra con la Juve a Torino, entrambe le volte partendo titolare, allenatore Titta Rota) e poi il passaggio in prestito al Forlì, città in cui conoscerà Margherita, la sua prima moglie. Torna a Bergamo nel campionato ‘80-’81, quello della retrocessione in C. Ma su di lui aveva messo gli occhi il Cagliari, società e città che non hanno mai smesso di volergli bene, e quindi si trasferisce sull’isola, disputa nove partite di Serie A, ma un gravissimo infortunio gli tronca la carriera nel novembre ‘81.

Gigi Riva, che di difensori se ne intende, gli aveva pronosticato un avvenire glorioso. Baldizzone era un difensore di prestanza fisica, molto forte di testa, abile nell’anticipo, poco o niente falloso. Tenterà di ritornare in campo a Piacenza, senza esito, dopo tre interventi chirurgici. A soli 24 anni gli spengono così un avvenire luminoso.

Diventa quindi allenatore nelle scuole calcio della nostra provincia e poi lo troviamo in panchina a Zingonia (‘94-’95) a Orio (‘96-’2000), a Casazza (‘02-’08) per concludere con gli Esordienti dell’AlbinoLeffe. Fino a dicembre 2008, dal momento che a gennaio deciderà, insieme alla seconda moglie Wilma, di raggiungere due figli (Filippo e Alice) che da anni vivono a Barcellona, mentre Alessandro resterà a Bergamo. A venti chilometri dalla capitale della Catalogna c’è Premià de Mar, e qui Wilma e Baldo hanno aperto la pizzeria «Porta Nuova», con riferimento chiarissimo alla nostra città, e dove lui faceva il patron-pizzaiolo e lei preparava specialità bergamasche, polenta compresa.

Il 13 dicembre mattina un paio di telefonate hanno resa mesta una domenica solitamente festosa. Perché i tre, che all’epoca di quella famosa Primavera erano sempre insieme, sono Daniele Filisetti, il libero e capitano, Angelo Lillo Zambetti, il fantasista, e appunto Baldo, lo stopper. Con chi scrive che ai tempi era il loro cronista e li considerava tutti dei fratelli minori da spronare, criticare in casi estremi, ma soprattutto da proteggere e che non poteva, giocoforza, non volergli bene al netto delle pagelle.

Filisetti: «Eravamo una cosa sola»
«Ti rendi conto? – attacca Filisetti – Lui era il mio stopper. In campo e fuori eravamo una cosa sola, lui era un calciatore molto intelligente, bravissimo, e un compagno di vita di una simpatia impareggiabile. Il nostro rapporto era fantastico perché insieme stavamo davvero bene, pur restando diversi. E adesso ti accorgi quanto sia bello avere questi ricordi perché ti mettono a posto con la vita, ti confermano che ne è valsa la pena. Con Baldo se ne va la mia infanzia, eravamo lontani solo fisicamente, ma lui era un mio amico e io lo ero per lui, anche se non ci si vedeva da tempo».

Daniele ha la voce rotta dall’emozione e dal dolore. «Due anni or sono – racconta – ero in Spagna e sono passato dalla sua pizzeria per salutarlo, ma lui era a sua volta in vacanza in Sardegna».

Zambetti: «La vacanza a 18 anni...»
«Così – incalza Zambetti– due mesi fa avevamo deciso di andare a trovarlo insieme, dal momento che le notizie che ci erano arrivate su di lui non ci tranquillizzavano. Ma la pandemia e il conseguente blocco delle frontiere ci hanno impedito pure quello. Non averlo potuto vedere è qualcosa di lacerante. Mi porterò sempre nel cuore quelle vacanze insieme in tenda ad Alassio, a diciott’anni. Furono quindici giorni davvero indimenticabili». Baldo se ne va con un rammarico, quello di non essere riuscito a far parte dello staff tecnico giovanile atalantino. A Wilma e ai tre figlioli il nostro pensiero affettuoso. A Baldo un abbraccio e la speranza di un viaggio finalmente senza sofferenze.

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