Microchip per i gatti, ora è legge: ecco come ottenerlo

LA NORMATIVA. Un piccolo dispositivo, delle dimensioni di un chicco di riso, inserito sottopelle dal veterinario in modo rapido e completamente indolore, che diventa il «documento d’identità» del nostro amico felino.

Da gennaio 2020, la Lombardia ha reso obbligatorio il microchip per i gatti, una svolta importante nel mondo della gestione degli animali domestici. Cosa significa concretamente? Un piccolo dispositivo, delle dimensioni di un chicco di riso, inserito sottopelle dal veterinario in modo rapido e completamente indolore, che diventa il «documento d’identità» del nostro amico felino.

Più difficile smarrirli

L’obiettivo è semplice ma cruciale: garantire la tracciabilità degli animali, ridurre i rischi di smarrimento e rendere più efficaci gli interventi in caso di emergenza. Nella provincia di Bergamo, dove non sono rare le storie di gatti dispersi - spesso vittime di incidenti stradali - questa tecnologia può fare davvero la differenza tra il ritrovamento e la perdita definitiva di un animale.

Il microchip non è altro che un minuscolo transponder privo di batteria e radiazioni, che contiene un codice identificativo unico. Quando un gatto viene trovato, i medici veterinari o le forze dell’ordine possono semplicemente passare un lettore sopra l’area in cui è stato impiantato e risalire immediatamente al proprietario. È come avere una carta d’identità sempre addosso, ma molto più piccola e invisibile.

Come fare per averlo

Per i proprietari, l’iter è piuttosto semplice: basta rivolgersi al proprio medico veterinario di fiducia, che provvederà sia all’inserimento del microchip che alla registrazione nell’anagrafe regionale degli animali d’affezione. Il costo è relativamente contenuto e l’operazione dura pochi minuti. L’importante è mantenere aggiornato i propri recapiti: un numero di telefono sbagliato può rendere vano tutto il processo.

La legge non è retroattiva, ma fortemente incoraggiante: i gatti acquisiti prima del 2020 possono essere microchippati su base volontaria, mentre per quelli nati successivamente o ceduti a qualsiasi titolo, il microchip è diventato un requisito obbligatorio. Chi non si adegua rischia sanzioni amministrative che vanno da 25 a 150 euro.

Oltre all’aspetto burocratico però, c’è quella che potremmo definire una questione di responsabilità sociale. Microchippare il proprio gatto significa prendersi cura non solo del proprio animale, ma contribuire a un sistema più ampio di protezione e monitoraggio del benessere animale. Significa ridurre il numero di gatti nei rifugi, facilitare i soccorsi in caso di emergenze e, non ultimo, dare un’opportunità in più ai nostri amici felini di tornare a casa.

Microchippare il proprio gatto significa prendersi cura non solo del proprio animale, ma contribuire a un sistema più ampio di protezione e monitoraggio del benessere animale. Significa ridurre il numero di gatti nei rifugi, facilitare i soccorsi in caso di emergenze e, non ultimo, dare un’opportunità in più ai nostri amici felini di tornare a casa

Per la provincia di Bergamo, dove l’ambiente urbano e le strade possono rappresentare un rischio costante per i gatti, questa misura diventa ancora più significativa. I dati forniti dal rifugio sanitario gestito da ATS, dove giungono per un primo soccorso i gatti feriti della Provincia, e quelli che arrivano dai gattili in cui operano le associazioni di volontariato sparse su tutto il territorio, sono piuttosto allarmanti. Molti gatti, arrivati in queste strutture a seguito di incidente, hanno un carattere così palesemente docile e mansueto da lasciare presupporre un passato trascorso in famiglia. Purtroppo, il fatto di non aver provveduto ad applicare un microchip e la mancata conoscenza delle strutture esistenti sul territorio, ha di fatto impedito ai proprietari di questi sfortunati animali di ritrovare il loro gatto. Insomma, il microchip non è solo un adempimento di legge, ma un piccolo grande strumento di civiltà. Un modo concreto per dire ai nostri gatti: “Se ti perdi, ti ritroverò”.

La collaborazione de L’Eco e veterinari

Questo articolo nasce dalla collaborazione tra L’Eco di Bergamo e l’Ordine dei medici veterinari della provincia di Bergamo che ogni due settimane cura la rubrica «Amici con la coda» con consigli e informazioni utili per la cura e la conoscenza del mondo animale. L’Ordine dei medici veterinari della provincia di Bergamo è costituito da tutti i medici veterinari iscritti all’Albo e assume nell’ambito dell’esercizio della professione veterinaria notevole importanza ed autorità. Rappresenta circa 600 professionisti su tutto il territorio bergamasco: medico veterinario per gli animali da compagnia, medico veterinario negli allevamenti zootecnici, medico veterinario nel Servizio veterinario pubblico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA