Maldini a L’Eco: «Il mio primo gol? Trovare casa a Bergamo»

CALCIO. Parla l’attaccante dell’Atalanta, nipote e figlio d’arte: «Faccio ancora il pendolare da Milano, sono in alto mare... Il cognome ingombrante? Ognuno la vede come vuole, a me non è mai pesato».

«Che cos’è mai un nome? Quella che noi chiamiamo rosa, pur con un altro nome, avrebbe sempre lo stesso profumo». La fa facile William Shakespeare («Romeo e Giulietta»): se però giochi a calcio in Italia e ti chiami Maldini, il nome – anzi il cognome – conta, eccome. Ne portasse un altro, Daniel – anni 23, da un mese attaccante dell’Atalanta – sarebbe solo un giovane talentuoso con ottime prospettive di crescita, a caccia di affermazione in una delle piazze ideali per trovarla. Invece così deve coesistere quotidianamente con l’ingombrante passato rappresentato da due leggende del Milan e della Nazionale: nonno Cesare, prima di diventare ct azzurro, vinse quattro scudetti e fu il primo capitano di una squadra italiana a sollevare la Coppa dei Campioni, versione romantica e fascinosa di quella che oggi è la Champions League; quanto a papà Paolo, per consultarne la bacheca si risparmiano tempo e spazio accedendo direttamente a Wikipedia. Nel calcio in bianco e nero del secolo scorso, Daniel sarebbe stato semplicemente Maldini III: «Ma io – racconta – la vivo abbastanza bene. In tutte le cose devi imparare ad abituarti. E io ormai da anni convivo con questa situazione della quale mai, nemmeno da ragazzino, ho sentito il peso».

Arrivare a gennaio in una squadra è sempre un po’ complicato, anche se per lei non è un’esperienza completamente nuova. Come procede l’inserimento? C’è qualche compagno con cui ha legato più rapidamente o che magari già conosceva?

«Sì, non è semplice ma non è nemmeno un’esperienza nuova, visto che l’avevo già vissuta lo scorso anno a Monza. I compagni mi hanno accolto tutti subito molto bene. Dai senatori come Marten de Roon agli altri che sono in questo gruppo da meno tempo».

Il suo arrivo a Bergamo era nell’aria, dopo che l’ad Luca Percassi si era espresso in termini estremamente positivi su di lei. Ma si pensava più a giugno: ci può raccontare come è maturata questa accelerazione?

«In effetti pensavamo un po’ tutti che la cosa dovesse andare in porto in estate. Poi invece si sono affrettati i tempi e devo ringraziare la famiglia Percassi e mister Gasperini, che hanno dimostrato di volermi fortemente. Questo mi ha dato la spinta decisiva per accettare subito il trasferimento».

Leggi l’intervista completa su L’Eco di Bergamo di giovedì 6 marzo

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