I complimenti a Miranchuk scatenano l’ex Malinovskyi

CALCIO E GUERRA. L’Atalanta elogia il suo attaccante, in gol con la Russia. L’ucraino: «Un buon contribuente del terrorismo». Due anni fa, poco dopo lo scoppio della guerra fra i rispettivi Paesi, si erano abbracciati.

Uno, l’ucraino Ruslan Malinovskyi, aveva segnato all’Olympiacos in Europa League proprio nel giorno dell’invasione russa. L’altro, il russo Aleksej Miranchuk, pochi giorni dopo in campionato contro la Sampdoria. Esultanze composte, gesti e sguardi senza teatralità. Circondati, quasi a proteggerli, dall’affetto silenzioso dei compagni. Ognuno rispettoso del dramma dell’altro, perché se è terribile vedere la propria terra invasa e bombardata, non è nemmeno facile trovarti a essere parte del popolo invasore. E ancora, lo striscione dei tifosi raffigurante i due giocatori che si tenevano per mano, esaltazione di uno spogliatoio nerazzurro il cui motto era «contano le persone, non le bandiere».

Due anni dopo, la crudeltà della guerra ha distrutto anche gli sforzi di due giovani atleti di essere più forti del dolore e delle barriere. E nel momento in cui Miranchuk corona il sogno di ogni giocatore (un gol con la maglia della sua nazionale) arriva il tackle durissimo dell’ex compagno. Che al di là dell’inopportunità di consentire alla nazionale russa (da due anni ferma per le sanzioni dell’Uefa e della Fifa) di scendere in campo in una situazione che non presentava alcun elemento di novità, finisce per coinvolgere anche l’Atalanta. Ma l’Atalanta ha fatto con Miranchuk quello che fa per ogni suo giocatore quando segna in nazionale: si è complimentata via X (l’ex Twitter) con un emoji (il cappello a cilindro) che evoca il soprannome di «Maghetto» con cui Miranchuk e identificato nello spogliatoio.

Immediata dunque la risposta di Malinovskyi, parsa indirizzata comunque più a Miranchuk che alla società nerazzurra, che in ogni caso ha rimosso il post da X in tempi rapidi . Nell’intento di evitare di fomentare situazioni di tensione se non addirittura di odio, visto che il tenore dei commenti a sostegno dell’uno e dell’altro ha finito per andare ben presto al di sopra delle righe. Non è stato possibile invece rimuovere il post da Instagram per una questione tecnica: in quel caso infatti l’account sorgente che consente alla società nerazzurra di avere i diritti per poter postare i gol dei propri giocatori è quello della nazionale, e quindi della federazione, interessata. Quella russa, nel caso specifico.

Sta di fatto che Malinovskyi, accompagnandolo con lo stesso cappello a cilindro usato dall’Atalanta, ha postato un commento che definisce l’ex compagno «un buon contribuente del terrorismo russo. Ogni giorno per due anni». E ancora, accompagnato alle foto delle città ucraine bombardate: «Non ti ricorda niente? Forse Kharkiv? Champions League? M?». Evidente il riferimento al match di Champions League vinto 3-0 dall’Atalanta sullo Shakhtar Donetsk, nel dicembre 2019, in quella che poi sarebbe diventata una città martire simbolo dell’invasione russa in Ucraina. Di quell’impresa, peraltro, Miranchuk avrebbe avuto poco da ricordare: all’epoca giocava ancora nella Lokomotiv Mosca, dalla quale sarebbe arrivato a Bergamo solo nove mesi dopo. Dettagli. Che si perdono come spire di fumo tra le macerie di un’amicizia che sembrava più forte della guerra e che invece è finita in frantumi. Come gli edifici, e i cuori, bombardati in questi anni.

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