Gigi Riva, quella sera al San Marco: l’abbraccio ai contestatori

IL RICORDO. Il campione fu a Bergamo nel 2006 come capo delegazione della Nazionale e gestì a modo suo una contestazione di un gruppo di tifosi atalantini invisi alla Federazione.

Era la sera del 14 novembre 2006. Il giorno dopo la Nazionale italiana, in quella fase guidata dal bergamasco Roberto Donadoni, avrebbe giocato al Comunale contro la Turchia. E a capo della delegazione azzurra, in quegli anni come per tantissimi altri, c’era Gigi Riva.

L’aria attorno a quella partita non fu semplicissima, anche per qualche polemica di troppo legata alla mancata convocazione - più che altro simbolica - di Cristiano Doni o Giulio Migliaccio. Ma tant’è: il ct fece presente a chi agitava argomentazioni di gretto provincialismo che convocando uno dei due avrebbe creato una sorta di precedente per il quale ogni città ospitante avrebbe potuto quasi pretendere la chiamata del suo prediletto.

Ma non fu per questo malcontento che la sera prima della partita, fuori dall’Hotel San Marco, si radunarono alcune decine di tifosi. Capita sempre: ora per i selfie, all’epoca per gli autografi. Stavolta no: un gruppo piuttosto nutrito di rappresentanti della Curva Nord atalantina si diede appuntamento sotto l’hotel della Nazionale per contestare la Federazione. Erano anni difficili: il calcio cambiava pelle - anche per via del ciclone Calciopoli, che era fresco fresco - e le Curve non hanno mai gradito un certo tipo di «palazzo», per epoche targato Matarrese. Due striscioni recitavano «AAA cercasi credibilità» e «Federazione-contestazione». Fu appeso un volantino alle porte dell’hotel.

Ma invece di chiamare la Digos e disperdere la manifestazione improvvisata, mentre capitan Cannavaro sbirciava dalla finestra, dalla porta sbucò Gigi Riva. Fece cenno ai rappresentanti della curva di entrare. Venti minuti di colloquio, da pari a pari. Prese il volantino, lo ripiegò per conservarlo. Alla fine si salutarono con un abbraccio e tutto finì senza problemi.

A quel punto, i cronisti accorsi pendevano dalle labbra di Riva. Anche solo, umanamente, per la gioia di incontrare un mito come lui: non solo per l’urgenza di completare l’articolo per il giornale da chiudere. Anche i giornalisti hanno un cuore, e il nostro ebbe un sussulto quando Antonello Valentini, per una vita uomo Figc, fece un cenno. «Venite, Gigi vi parla volentieri». Riva era seduto sui divani color arancio della lobby, accolse i giornalisti con un gran sorriso. E spiegò con semplicità che quella manifestazione non aveva infastidito nessuno, perché non era la Nazionale l’oggetto della contestazione, ma il calcio dentro il quale quei tifosi lottavano per le loro idee e le loro convinzioni.

E spiegò che parlare con le persone è sempre la scelta più corretta da fare, per confrontare le opinioni, anche quando sono diverse, anziché respingerle. «E’ stata un’iniziativa civile e democratica, questi ragazzi vogliono solo un calcio migliore come tantissimi italiani», ci disse. Saremmo rimasti ore, lì, risucchiati dai divani e da tanta saggezza. Ma si faceva tardi e l’orario di chiusura dei giornali non accetta contestazioni.

Ci fermammo solo qualche istante in più, per vederlo abbracciare Simone Loria, di passaggio dall’hotel per salutare qualche giocatore: entrambi avevano il Cagliari nel cuore e Riva lo salutò rifilandogli sonore pacche sulle spalle, e pure sulle cosce. Loria, il centralone che solo 5 giorni dopo, a Verona contro il Chievo, completò la rimonta atalantina mettendola nel 7 con una rovesciata dal limite che mai nella vita. Mai, o forse sì, se in una sera di novembre incroci in un albergo quel bomber che in rovesciata ha vissuto una vita intera.

Il gol in rovesciata incredibile di Loria nel commento di Elio Corbani.

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