Dalla «nera» al maglione verde, Zambaldo appende la penna

L’ECO. Dopo 55 anni di carriera, migliaia di articoli, centinaia di notizie date e scovate e la medaglia dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Arturo Zambaldo ha deciso di appendere la penna al chiodo e di salutare i lettori.

«Ho scritto di nera, basket, calcio, ho seguito sequestri e partite, ho vissuto l’epopea degli Amici dell’Atalanta e Bergamo Tv. Col direttore Ceresoli siamo amici da una vita ma a 80 anni gli ho detto: Alberto, adesso so’ stöf». Dopo 55 anni di carriera, migliaia di articoli, centinaia di notizie date e scovate e la medaglia dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Arturo Zambaldo ha deciso di appendere la penna al chiodo. E di salutare i lettori de L’Eco di Bergamo, dove ha iniziato nel ’69 con una delle sue grandi passioni, la pallacanestro.

«All’Italcementi, il derby Celana-Alpe, in Serie D. Da una parte don Franco Maggioni, dall’altra Valerio Bianchini. Due pezzi da 90 del basket, così come Charlie Recalcati, di cui sono rimasto grande amico». Le amicizie decennali, nate sul campo su diversi lati della barricata, sono uno dei motivi che allargano il sorriso di Zambaldo. L’altra è la passione per la cronaca nera. «Tranne il caso Panattoni ho seguito tutti i principali sequestri di persona anche se ho iniziato a fare il giornalista per via dell’amore per l’Atalanta e per il calcio. Alberto Pelizzoli, primo segretario degli Amici dell’Atalanta, seguiva il calcio per L’Eco e chiesi di poter scrivere le cronache delle partite dei dilettanti, e così ho cominciato. Era il ’69».

Gli Amici, di cui è presto diventato segretario, gli hanno portato in dote l’incontro con la moglie, la «nera» gli articoli a cui è più affezionato. «La storia di una neonata ritrovata di notte vicino agli ex Riuniti, la soffiata sulla rapina nella casa di Antonio Di Pietro, raccontata in anteprima che mi costò notti insonni, e la chiamata che mi annunciava la liberazione di Nicoletta Moretti (rapita e sequestrata nell’86, ndr). “Vieni a fare un giro a Caponago? C’è qualcosa che ti può interessare”. Presi e andai, armato dei miei strumenti: la memoria e un minuscolo foglio di carta».

Un maglioncino verde porta-fortuna per l’Atalanta indossato negli studi di Bergamo Tv lo marca invece da vicino ancora oggi. «La gente mi ferma per strada e mi dice: Arturo, ma il maglioncino dov’è?». Il cordone ombelicale con la città non conosce il trascorrere del tempo. «L’affetto della gente mi fa sorridere, così come il fatto di non avere mai preso una querela in oltre 50 anni di carriera. Quella è la mia medaglia».

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