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Venerdì 06 Dicembre 2024
«Amare una Dea», quando il calcio rende superstizioso uno scienziato
LA PRESENTAZIONE. L’Atalanta raccontata da sei tifosi illustri. Luca Percassi: «Col MIlan è dura. Scamacca in campo a inizio febbraio».
Identità e appartenenza. Nella fase storica in cui le vocali I e A vengono accostate per identificare l’intelligenza artificiale – risorsa e minaccia in prospettiva per l’umanità del terzo millennio – ecco un libro, dedicato all’Atalanta, nel quale le due iniziali evocano invece valori propri del cuore e dell’anima. Che nulla, ma proprio nulla, hanno di artificiale.
Identità e appartenenza trasudano dalle 221 pagine di «Amare una Dea» (Cairo Editore, euro 17,50), il volume curato da Fabio Finazzi – caporedattore del Corriere della Sera – nel quale sei personaggi di primissimo piano nei rispettivi ambiti raccontano la «loro» Atalanta fra tanti sorrisi e qualche giusta spolverata di nostalgia. «Bergamo è un’eccellenza nell’imprenditoria, nella cultura, nella scienza, nel sociale, e l’Atalanta la rappresenta nel migliore dei modi» ha sottolineato l’amministratore delegato nerazzurro Luca Percassi, intervenuto il 5 dicembre alla presentazione del libro al Gres Art 671 di via San Bernardino.
Una confidenza: «In famiglia è nata un’altra nipotina, la dodicesima della serie, e mio fratello Stefano l’ha chiamata Dea. Insomma, ora c’è un’altra Dea in casa Percassi»
Per il resto, fedele a se stesso e al suo pragmatismo, Percassi non si è sbilanciato sul presente («con il Milan è una partita difficilissima, sono una grande squadra e stanno crescendo»), sul futuro a breve («sul mercato di gennaio mi piace pensare che i nostri migliori acquisti saranno Scalvini e Scamacca, che dovrebbe essere in campo ai primi di febbraio»), né tantomeno sui sogni per il futuro a lungo termine («Scudetto? Preferisco non rispondere»). Una chicca però l’ha regalata: «In famiglia è nata un’altra nipotina, la dodicesima della serie, e mio fratello Stefano l’ha chiamata Dea. Insomma, ora c’è un’altra Dea in casa Percassi».
Poi i fuochi d’artificio degli autori. C’è lo scienziato Giuseppe Remuzzi che trascorre la serata della finale di Dublino respingendo per scaramanzia i complimenti anticipati del suo amico Mario Draghi. C’è il sondaggista Nando Pagnoncelli (il cui testo per il libro è stato raccolto dal giornalista del Corriere Simone Bianco) che perde un lavoro con il Milan dopo aver chiesto a Daniele Massaro (suo interlocutore rossonero) perché non fosse stata restituita la famosa rimessa laterale nella sfida di Coppa Italia del 1990. C’è il regista cinematografico Davide Ferrario che condiziona l’agenda delle riprese di film con fior di attori (da Harvey Keitel a Malcolm McDowell, al milanista Diego Abatantuono) al calendario delle partite dell’Atalanta. C’è l’inviato di guerra Gigi Riva che nella Sarajevo devastata dalle bombe intercetta la radiocronaca di una vittoria dei nerazzurri sulla Juve perché «nelle situazioni di maggior pericolo cercavo di pensare a qualcosa che mi rendesse felice, e spesso questa era l’Atalanta».
E ancora, Donatella Tiraboschi, una delle prime firme «in rosa» del calcio bergamasco, rievoca la malinconia di fronte alla demolizione della Curva Sud dove per anni aveva seguito accanto a papà le partite dell’Atalanta. Pietro Serina, che nel libro ricostruisce in sintesi la storia nerazzurra, ha invece raccontato due dei mille personaggi incontrati nei suoi 40 anni al seguito del l’Atalanta: il ragazzo di Crotone che volle vedere la partita accanto a lui «per diventare anche lui un po’ bergamasco» e l’anziano di Cagliari che nel 2020, dopo la pandemia, disse che «il Covid ha colpito forte a Bergamo perché solo i bergamaschi potevano uscirne. Si capisce anche guardando cosa ha fatto l’Atalanta».
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