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Martedì 01 Aprile 2025
Il «Parkinson»: conoscere e capire per poter agire
NEUROLOGIA. In Bergamasca i pazienti sono quasi 4.600, ma nonostante l’aumento dei casi è poco conosciuto.
Sono circa 250mila in Italia i pazienti malati di Parkinson, quasi 4.600 in provincia di Bergamo, secondo le stime di Ats Bergamo. Numeri sensibilmente cresciuti negli ultimi anni e destinati a toccare picchi sempre più elevati, a confermare un trend già evidente in Bergamasca tra il 2008 e il 2016, periodo di tempo in cui si è registrato un aumento dell’incidenza della malattia nella popolazione di circa l’80 per cento.
«I casi – afferma Cristina Rizzetti, neurologa responsabile della Riabilitazione Parkinson della Ferb Onlus all’ospedale Sant’Isidoro di Trescore Balnerario – sono destinati a raddoppiare nel prossimo futuro, sia per l’avanzare dell’età media della popolazione, l’incidenza della malattia aumenta infatti con l’avanzare dell’età, sia per altri fattori ancora non noti». Altro dato importante riguarda il Parkinson giovanile: «Abbiamo visto in ospedale casi di pazienti che hanno riscontrato la malattia a 40-50 anni e alcuni con esordio molto più precoce».
Malattia poco nota
Nonostante l’aumento conclamato dei casi (ad oggi è la seconda malattia neurodegenerativa più frequente, dopo l’Alzheimer), è una patologia ancora poco nota nella popolazione. È da questa necessità di fare informazione sull’argomento che è nato il convegno «Malattia di Parkinson. Conoscere e capire per agire», organizzato dalla Ferb Onlus (Fondazione europea ricerca biomedica) venerdì mattina in Fiera a Bergamo. Un convegno rivolto in particolare ai pazienti Parkinson, ai loro familiari o caregiver e a chiunque fosse interessato «a conoscere una malattia neurodegenerativa cronica molto diffusa, ma ancora troppo poco nota».
Fare educazione
Nel corso della tavola rotonda, a cui hanno assistito oltre cento persone, sono stati toccati vari aspetti della malattia: le terapie esistenti – tradizionali ma non solo, come musicoterapia e danzaterapia –, le problematiche cognitive e comportamentali, l’importanza della riabilitazione (e di alcune attrezzature che possono rappresentare una risorsa in questo campo), alcune norme da seguire per i familiari che hanno in casa un parkinsoniano. «È importante – spiega Rizzetti – fare educazione sanitaria sul territorio. Soprattutto per una malattia su cui gravano ancora molti luoghi comuni che portano il malato ad avere uno stigma sociale».
Tra gli stereotipi sul Parkinson, uno dei più diffusi riguarda i sintomi: l’idea, cioè, che causi solo problemi fisici, come rallentamento motorio, rigidità muscolare, difficoltà a camminare e tremori. «In realtà – osserva Rizzetti – ci sono anche i cosiddetti “sintomi non motori”, che fino a una ventina d’anni fa erano poco noti: parlo di disturbi del sonno, del tono dell’umore, di problemi di deglutizione, stipsi. Tutti sintomi che hanno un’importanza pari o a volte addirittura più rilevante dei classici sintomi motori». Il punto chiave rimane «la famiglia, perché tutte le malattie croniche tendono a diventare non solo la malattia del malato ma la malattia della famiglia. Queste malattie – dice – possono anche causare fratture all’interno della famiglia, soprattutto se il familiare-caregiver non conosce la malattia e non sa come gestire la persona che ne è affetta. Qui si apre il grosso tema del supporto al familiare: a Bergamo c’è il progetto “Caregiver Bergamo”, che serve proprio per la presa in carico dei familiari di questi pazienti».
Le terapie
Le terapie oggi a disposizione per combattere il morbo di Parkinson sono esclusivamente sintomatiche, cioè migliorano alcuni sintomi, non sono però in grado di guarire dalla malattia. «Non c’è nemmeno un farmaco neuroprotettivo che possa rallentare il suo avanzamento – puntualizza la dottoressa –. Ad oggi, abbiamo a disposizione alcune terapie avanzate, tra cui la stimolazione cerebrale profonda, un intervento neurochirurgico che prevede l’inserimento di elettrodi nelle aree del cervello causative del Parkinson, soprattutto per i pazienti più giovani». Qualche beneficio il paziente può trarlo anche dalle menzionate musicoterapia e danzaterapia. «In Ferb, da sempre proponiamo trattamenti di danzaterapia, dove si lavora con ritmi musicali per migliorare la fluidità dei movimenti e la coordinazione.
Con musicoterapia si intendono invece esercizi di riscaldamento vocale, respirazione e vocalizzi, che aiutano a parlare meglio. A Trescore avevamo anche attività di Yoga, che riprenderemo». La riabilitazione è parte integrante del trattamento, anche se non sempre è necessaria. Lo diventa quando si verificano alterazioni specifiche, come disturbi del cammino, della postura o a livello di parola. E, sempre in tema riabilitazione, importante è l’ausilio di attrezzature all’avanguardia. «Ci siamo dotati di un’apparecchiatura per la “Gait analysis”, ovvero per valutare in modo puntuale le caratteristiche della deambulazione del paziente e verificare modifiche legate al trattamento riabilitativo. Un altro strumento è la D-wall di Tecnobody: una sorta di specchio digitale che permette al paziente di vedersi mentre esegue gli esercizi e di interagire con gli elementi sullo schermo».
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