Economia / Bergamo Città
Giovedì 28 Marzo 2024
Vola l’export orobico nell’agroalimentare con l’exploit bevande
CONGIUNTURA AGRICOLA. Più 16%, il doppio della Lombardia. Acqua-bibite: crescita del 31% con l’effetto Sanpellegrino. Coldiretti e Confagricoltura: «Dati ok per il made in Italy».
Mentre il settore agricolo mostra qualche passaggio a vuoto sia come calo sia del numero di aziende, sia nel suo settore di punta, il lattiero-caseario, evidenziato da una decrescita delle consegne di latte, il 2023 diventa invece per Bergamo un anno record sul fronte delle esportazioni dell’agroalimentare.
I numeri dell’export agroalimentare
L’aumento è infatti davvero considerevole confrontandolo con il 2022: +16,8%, con una crescita che è oltre il doppio rispetto a quella della Lombardia (+7,2%) e dell’Italia (+5,8%). Complessivamente l’export agroalimentare orobico ammonta a 1.430 milioni di euro e rispetto alle altre province lombarde, detiene circa il 14% delle esportazioni regionali, confermandosi la seconda provincia dopo Milano, che da sola vale quasi il 30% del valore lombardo.
Sul fronte delle destinazioni internazionali invece, circa il 70% dell’export agroalimentare bergamasco si dirige verso 10 Paesi. Tra questi,in testa, gli Usa con una quota pari a 24%, sono il primo Paese. A seguire si trovano Francia (12,8%), Olanda (8%), Germania (7,6%), Regno Unito (4,5%), Spagna (3,8%), Svizzera (3,5%), Belgio (2,6%), Polonia (1,9%) e Cina (1,3%).
L’ottimo andamento provinciale si spiega sia con la spiccata crescita dell’industria alimentare e delle bevande (per un +17,9% complessivo) che con quella più contenuta registrata dal settore primario (+7,5%). A fare la differenza è soprattutto l’industria delle bevande, che rappresenta oltre la metà delle esportazioni del settore, ed è aumentata del +31,7% rispetto a un anno prima. Bergamo risulta in questo ambito la prima provincia lombarda per valore esportato, con naturalmente il potente traino del gruppo Sanpellegrino con miliardi di bottiglie di acqua minerale e bibite esportati nel mondo, e altri brand locali importanti.
Complessivamente invece l’industria alimentare ha registrato una variazione del +3,9%. A pesare maggiormente sono la crescita delle esportazioni di altri prodotti alimentari (+10,8%), dei prodotti delle industrie lattiero-casearie (+10,8%) e di frutta e ortaggi lavorati (+7,2%). In calo invece la carne lavorata e i prodotti da forno e farinacei, che rappresentano però soltanto il 15% dell’export agroalimentare.
Tornando ai dati sulla produzione lattiero-casearia, scontano parzialmente la forte riduzione dei prezzi del latte: a Bergamo tra gennaio e novembre 2023 le consegne di latte hanno avuto un lieve calo (-0,3%) rispetto all’anno precedente. Segno meno anche per la demografia di settore: le imprese bergamasche attive nell’agricoltura, silvicoltura e pesca erano infatti 4.834 nel 2022, e l’anno dopo sono calate di 68 unità, confermando una tendenza strutturale in corso da molti anni. Positivo invece l’andamento complessivo grazie ai risultati molto positivi del comparto suinicolo e di quello vitivinicolo, mentre il lattiero-caseario, le carni bovine e il cerealicolo sono in territorio negativo.
Sigle agricole soddisfatte
«Il record del nostro export agroalimentare è una notizia positiva per il comparto – sottolinea il presidente di Coldiretti Bergamo Gabriele Borella -. Sicuramente influisce il fatto che la nostra agricoltura è fortemente orientata verso la qualità e l’identità delle produzioni. Bel segnale per il made in Italy, ma visto che c’è “fame” di nostri prodotti nel mondo, è necessario sostenere le realtà orientate alla conquista di nuovi mercati e quelle che stanno lavorando per rafforzarsi. Inoltre, per assicurare un futuro ai giovani che vogliono scommettere sulla terra servono invece interventi urgenti e mirati in modo da garantire un ricambio generazionale».
Anche per il direttore di Confagricoltura Bergamo Enzo Ferrazzoli «bene la crescita dell’export agroalimentare, segno di un’industria in espansione nel consolidare e valorizzare il made in Italy nei tradizionali Paesi importatori. Meno bene il settore primario in cui si salva il comparto suinicolo e vitivinicolo, mentre sono in sofferenza gli altri comparti che scontano prezzi alla produzione non remunerativi. Preoccupa il calo delle imprese, un trend già registrato nel 2022, che segna le difficoltà di avere marginalità per restare sul mercato».
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