R egola numero uno di sor Nedo Sonetti: un punto è meglio di nessun punto. Anche per questo nella stagione 1984-85 la sua Atalanta tornata in serie A dopo 5 anni d’assenza (e pure una puntata in C1 modello all’inferno&ritorno) si salva con la bellezza di 18 pareggi su 30 partite, e 28 punti conquistati. Persino meglio di quella di Titta Rota del 1977-78 che si era fermata a quota 15 pareggi e un punticino in meno. Una strategia cercata, voluta, praticamente necessaria dopo che nelle prime 4 partite lo score segnava solo 2 punti e pure 10 reti complessive incassate nelle due trasferte di Torino (sponda Juve) e Firenze, più quella del debutto in casa con l’Inter: totale 11. Il primo a fare le spese della situazione è il portierone Mirko Benevelli, preso dal Foggia al via della stagione di C1 e artefice della doppia promozione nel giro di 3 anni: al suo posto l’esperienza di Ottorino Piotti arrivato dal Milan. E dopo l’imbarcata iniziale l’Atalanta comincia a prendere le misure alla massima serie (che nei favolosi anni ’80 aveva un livello semplicemente stratosferico…) e a costruire la salvezza in casa dove cadono in rapida sequenza Cremonese, il Napoli di Maradona e la Lazio. Poi inizia una lunga serie di pareggi, di tutti i generi: dallo 0-0 a Como al pirotecnico 3-3 casalingo con l’Avellino con gli irpini sotto 3-0 che rimontano negli ultimi 20 minuti, passando per il 2-2 in rimonta a Milano sponda rossonera, con rete di Mimmo Gentile in libera uscita, fino a un altro pari a reti bianche prenatalizio con il Torino. Alla ripresa il calendario riserva la trasferta di Verona, inaspettata capolista che in 13 partite ha incassato solo 4 gol.