Usa-Cina, linee rosse e i colloqui di disgelo

IL COMMENTO. Non pestiamoci troppo i piedi. Dopo un periodo di forti tensioni, seguite all’aggravamento della tragedia russo-ucraina, Cina e Stati Uniti hanno ricominciato a dialogare.

In aprile il segretario di Stato Antony Blinken è stato accolto a Pechino con tutti gli onori, adesso è stata la volta del consigliere presidenziale Usa Jake Sullivan. In ambedue le occasioni i cinesi hanno fatto uno strappo al loro rigido cerimoniale, organizzando un incontro con il presidente Xi Jinping, che, di solito, si relaziona solo con i capi di Stato.

Pechino e Washington cercano così di smontare le dinamiche dell’escalation di qualche tempo fa, la quale rischiava di provocare uno scontro non solo più commerciale o finanziario ma anche militare.

In aprile Blinken aveva avuto il difficile compito di rilanciare il dialogo bilaterale e di chiarire - guardandosi negli occhi – la posizione Usa su Taiwan, sul conflitto in Ucraina e sulla questione nord-coreana. L’obiettivo era di evitare simili passi automatici e irreparabili, dovuti alle alleanze, che portarono allo scoppio della Prima guerra mondiale. L’incontro più importante, avuto ora da Sullivan, è stato con il generale Zhang Youxia, potentissimo vice capo della Commissione militare centrale, il più alto ufficiale mai incontrato dagli americani.

A parte le solite dichiarazioni cinesi sulla riunificazione nazionale, i due si sono accordati per migliorare i canali di comunicazione militare bilaterali, onde non causare incidenti tra le rispettive Forze armate, soprattutto nello stretto di Taiwan.

Ma non solo. Nelle ultime settimane si sono intensificati i contrasti tra la Cina e le Filippine per il controllo di alcuni isolotti nel mar Cinese meridionale; un velivolo militare di Pechino è entrato nello spazio aereo giapponese. Cinesi e americani hanno uno sguardo vigile anche a quanto sta facendo il leader nordcoreano Kim Jong-Un, che sta testando nuove armi. Gli osservatori sudcoreani ritengono che esse siano una fornitura della Russia a parziale ringraziamento per i milioni di pezzi di artiglieria consegnati da Pyongyang al Cremlino.

Zhang e Sullivan hanno guardato anche al futuro affrontando la tematica dell’intelligenza artificiale, la sua sicurezza e i pericoli. Come vanno interpretati i colloqui del consigliere Usa a Pechino? Essi rappresenteranno una svolta nelle relazioni sino-americane?

Se quelli di Blinken in aprile hanno avuto il merito di spezzare una spirale sempre più pericolosa – definendo il principio «partner e non rivali» – ora Sullivan ha costruito una concreta rete di sicurezza, anche grazie all’incontro diretto suo personale e della delegazione americana con i militari di Pechino.

Saranno, tuttavia, i prossimi mesi a stabilire la rilevanza o meno della missione del consigliere statunitense. Con le elezioni Usa del 5 novembre alle porte – e nell’incertezza su chi sarà il vincitore – la Cina resta alla finestra e osserverà gli eventi oltreoceano. Nel frattempo ha elevato il livello dei propri rapporti con l’amministrazione Biden uscente, che potrebbe in parte essere riconfermata in caso di successo di Kamala Harris.

Se dovesse, invece, tornare alla Casa Bianca Donald Trump le attuali intese potrebbero essere utilizzate come base per costruire qualcosa di nuovo anche se sono note le posizioni sulla Cina del «tycoon newyorkese», che inaugurò durante la sua presidenza (2016-2020) una pesante era di dazi imposti alle merci prodotte nell’ex «Impero celeste».

In generale, però, non superare le rispettive «linee rosse» sarà indispensabile per garantire la stabilità mondiale.

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