Un linguaggio familiare fatto di sguardi per colmare d’amore una grave disabilità

MADRE E FIGLIA. Melissa ha una sindrome rara, la mamma: «Siamo toste, abbiamo sviluppato strategie di resistenza.

«L’anima di una persona - scrive Jim Morrison - è nascosta nel suo sguardo», così - occhi negli occhi ma senza parole - comunicano da sempre Michela Torracini di Covo e sua figlia Melissa, 16 anni trascorsi in un corpo leggero come una piuma. Se la sindrome rara di Wolf Hirschhorn ha reso la sua vita lieve come un battito d’ali, e le ha tolto la possibilità di parlare e di camminare, la sua famiglia composta da mamma, papà e la sorellina Chiara, ha colmato queste mancanze con amore e speranza, senza farle mai mancare cura e attenzione.

Non è stato facile trovarsi all’improvviso ad affrontare una disabilità gravissima come quella di Melissa, una bimba che aveva fretta di nascere: «Il parto è avvenuto al settimo mese di gravidanza - spiega la mamma -. Era molto piccola, e non appena l’ho presa in braccio per la prima volta mi sono accorta che c’era in lei qualcosa di insolito. Mi ha lanciato uno sguardo obliquo, era come se mi dicesse “mamma, aiutami!”. Anche i medici che l’hanno visitata hanno colto subito alcuni segnali della sua malattia». Per arrivare a una diagnosi precisa la piccola e i suoi genitori sono stati sottoposti agli esami genetici, e alla fine i medici sono riusciti a dare un nome alla sua condizione: la sindrome di Wolf Hirshhorn, una malattia dello sviluppo caratterizzata da una serie di vulnerabilità; segni craniofacciali caratteristici, ritardo della crescita prenatale e postnatale, deficit cognitivo, grave ritardo dello sviluppo psicomotorio, convulsioni e ipotonia. Il segno genetico di questa malattia è la mancanza di una parte di cromosoma 4.

Michela mentre parliamo tiene in braccio Melissa, che pesa poco più di otto chili, e ha l’aspetto di una delicatissima bambina. l’accarezza e parla di lei con tenerezza: «Non parla, non cammina, ha un rene più piccolo dell’altro, è stata operata per due volte al cuore, soffre di crisi epilettiche». Se a volte è inevitabile preoccuparsi e le corse in ospedale non sono infrequenti, spesso è lei stessa a mostrare la strada per affrontare le difficoltà alle persone che ha vicino, con il suo temperamento tranquillo e affettuoso. Sicuramente ci è voluto coraggio per fare i conti con questa situazione: «All’inizio ero spaventata - racconta Michela -, non capivo bene ciò che mi dicevano i medici. Di solito si pensa alle sindromi più conosciute, come quella di Down, e non avevamo mai sentito parlare della malattia di Melissa, con un nome così difficile e poco conosciuto».

Sono stati i primi passi di un lungo allenamento utile per implementare le sue capacità di «caregiver», come si definisce chi si prende cura di persone con fragilità. Michela ha dovuto quindi addentrarsi nel mondo complesso e variegato dei servizi per la disabilità, in cui a volte è difficile orientarsi (www.nessuno-escluso.it), superando gli scogli della burocrazia. Ha scoperto che per riuscirci era fondamentale allearsi con altri genitori: «Ho conosciuto l’associazione “Nessuno è escluso” e sono entrata a far parte del gruppo di Bergamo. Ho incontrato persone molto più esperte di me, e in particolare Fortunato, fondatore con la moglie dell’associazione, a sua volta papà di una bambina con una malattia rara, che mi hanno aiutato a ottenere aiuto e assistenza essenziali per Melissa. Ci sono accorgimenti e percorsi che nessuno spiega chiaramente, e senza le informazioni corrette si possono perdere opportunità».

Michela ha partecipato anche alla mobilitazione contro i tagli ai contributi per i caregiver in Regione Lombardia, unendosi a un gruppo che a Bergamo riunisce 67 famiglie: «In situazioni come la nostra - sottolinea Michela - l’unione fa la forza, è importante aiutarsi a vicenda».

Le parole sono forse lo strumento più potente che abbiamo per comunicare, ma non l’unico: «Noi abbiamo elaborato il nostro linguaggio familiare, e ormai capisco bene quando Melissa ha fame, oppure ha sete, vuole dormire, è agitata, prova dolore. In questo tempo abbiamo affrontato tanti ostacoli, siamo cresciute, abbiamo sviluppato una strategia di resistenza. In questo ci somigliamo, siamo entrambe molto toste, ne abbiamo passate tante».

La scuola e l’estate

Quelli che per chiunque altro sono soltanto suoni poco articolati - la lingua personale di Melissa -, per Michela sono la partitura della vita quotidiana, che mette in moto la routine della giornata e ne segna l’andamento quieto, mosso, allegro o triste. «Mia figlia ha iniziato a frequentare la scuola materna a tre anni con l’insegnante di sostegno e l’assistente educatrice del Comune. Uno dei problemi che abbiamo sempre avuto è quello dell’alimentazione: non riusciva a mangiare il cibo della mensa; perciò, da lì in poi ho preferito prepararlo io da casa». Quest’anno segna l’inizio di una nuova fase: «Melissa inizia la scuola superiore a Romano di Lombardia, speriamo che vada tutto bene».

L’estate, come spesso accade alle famiglie con bambini fragili, è sempre un momento di particolare solitudine: «Per bambini e ragazzi con disabilità gravi come Melissa è limitata la possibilità di accedere ai Centri estivi, perciò devono pensarci i genitori: a volte mi è capitato anche di portarla con me al lavoro. Per fortuna possiamo contare sulla rete familiare: mia madre vive a Bordighera, per due settimane andiamo al mare da lei, e in agosto ci spostiamo in Calabria, nel paese d’origine di mio marito. Così riusciamo a spezzare la routine abituale e a ricaricare le energie».

Melissa è stata una bambina molto desiderata: «Prima di lei ho avuto altre gravidanze - sottolinea Michela - che purtroppo non sono andate a buon fine. Stavo per rinunciare quando è arrivata Melissa. Per me è stata un dono. La scoperta della sua malattia è stata una batosta ma non mi sono disperata: le voglio bene, il Signore ce l’ha mandata, e noi cerchiamo di fare per lei il meglio che possiamo».

Michela e suo marito, nonostante le difficoltà, hanno deciso di avere un’altra figlia: «Chiara ha dieci anni ed è sana, anche se è nata prima del termine come Melissa. È molto legata a sua sorella, ha imparato a prendersene cura, starle vicina la rende felice, anche se a volte è faticoso».

Le sue figlie sono diverse, ma Michela è fiera di entrambe: «Quando erano piccole era impegnativo riuscire a occuparmi di loro, a volte mi sentivo inadeguata, ma ce l’ho messa tutta, cercando di assicurare a entrambe la giusta dose di tempo e attenzione. Adesso Chiara mi è di grande aiuto, trascorre volentieri del tempo con sua sorella, riesce perfino a cogliere i segni di una crisi in arrivo, in modo da poter intervenire tempestivamente».

L’ultima operazione

L’intervento chirurgico più recente che Melissa ha affrontato è la gastrotomia endoscopica percutanea (Peg), una procedura che permette di collegare la cavità gastrica con l’esterno attraverso un sottile tubo per somministrare cibi, liquidi e farmaci direttamente nello stomaco a soggetti che hanno difficoltà a deglutire: «Era necessario per aiutarla a nutrirsi e ad aumentare di peso», chiarisce Michela.

Ogni giorno, mese e anno è stato occasione di crescita per Michela e la sua famiglia: «Melissa è molto affettuosa e risponde con i suoi sorrisi, con gli occhi e con le mani. Riconosce la mia voce, si gira quando la chiamo. Ogni tanto capita una crisi e ci fa spaventare, ma teniamo duro, vedendo che lei è forte e affronta tutto con coraggio. Le piace andare a scuola, quando entriamo nell’edificio è sempre sorridente. Non resta in classe con gli altri, anche per tutelarla, perché è più fragile e soggetta a infezioni dei suoi coetanei. Nel periodo della pandemia questa precauzione è stata fondamentale per proteggerla dal Covid-19».

Le attività didattiche alla sua portata sono molto semplici: «Non può seguire lo stesso programma degli altri, ovviamente. Le piace molto ascoltare musica, manipolare la plastilina, la sabbia magica, i giochi che provocano suoni e rumori. Apprezza molto la continua attenzione di un’insegnante pronta a prendersi cura di lei. Sono sempre stata serena nell’affidarla alla scuola, e lascio abitualmente un recapito alle insegnanti in modo che possano contattarmi in caso di bisogno, augurandomi che non capitino grosse emergenze e che le eventuali piccole difficoltà possano essere risolte anche con una semplice videochiamata».

Le giornate in casa sono monotone: «Cerchiamo di variare i luoghi e le posizioni in modo da offrire a Melissa più stimoli possibili, la facciamo stare un po’ seduta, poi sdraiata, in diverse stanze della casa, accanto a noi. In passato mi chiedevo se saremmo riusciti a offrirle una vita migliore, se sarebbe mai riuscita a camminare. Ormai ci siamo un po’ rassegnati: si sposta con il passeggino e il seggiolone».

I gesti di cura si attuano in molti modi, compresi i controlli medici: «Deve assumere farmaci per tenere l’epilessia sotto controllo; l’abbiamo portata da diversi specialisti finora per capire se ci potesse essere qualche possibilità per aiutarla a camminare, ma ormai ci siamo un po’ rassegnati. Si sposta con il passeggino e con il seggiolone. Come famiglia ci mettiamo tutti in gioco. Per me è fondamentale mantenere un clima sereno, che permetta di affrontare meglio ogni problema. Ormai sappiamo di doverci tenere pronti a ogni imprevisto. Serve un bel corredo di pazienza e all’inizio, per carattere, non ne avevo, ma col tempo l’ho acquisita».

Michela ha imparato a concentrarsi sull’equilibrio e il benessere della sua famiglia senza proiettarsi troppo nel futuro: «Non ho voluto conoscere l’aspettativa di vita per questa malattia, non voglio esserne condizionata. Cerco di prendere la vita giorno per giorno, e di cogliere il bene che ci offre».

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