L'Editoriale
Venerdì 13 Settembre 2024
Tassi, taglio piccolo: servono le riforme
MONDO. Un taglio dei tassi piccolo piccolo, un quarto di punto, come tutti si aspettavano.
Non è andata al di là di questo la Banca centrale europea che nella riunione di ieri ha adottato una decisione di politica monetaria largamente attesa e scontata dai mercati. La riduzione segue quelle del 12 giugno e del 20 settembre 2023 e così il tasso di riferimento è sceso solo di mezzo punto in un anno. Eppure il quadro congiunturale non è più quello di 12 mesi fa: l’inflazione è scesa al 2,5% con canale discendente al 2,2 e all’1,9 nei prossimi due anni. Sono cambiate soprattutto le prospettive di crescita, stimata a livello di Eurozona sotto l’1%, il Paese locomotiva in deciso affanno e l’intero apparato industriale che ha perso slancio. Tutto questo non giustificava un intervento di politica monetaria più deciso? Forse sì, soprattutto considerando che, al di là della manovra sui tassi, prosegue il rientro dalla stagione di abbondante liquidità con il progressivo riacquisto dei titoli pubblici acquistati durante e dopo la pandemia. Né Lagarde ha lanciato messaggi che lascino intendere un atteggiamento più accomodante nei prossimi mesi: osserveremo i dati, dice, e decideremo volta per volta. L’unico segnale nuovo è che la riduzione dei tassi di rifinanziamento è stata molto superiore a quella dei tassi sui depositi mentre di solito le variazioni erano parallele. Ma si tratta di un aggiustamento tecnico di importanza secondaria.
Chi sperava in un aiutino dalla politica monetaria per il rilancio dell’economia, e non erano tanti, è stato deluso. Ma come pensa la Bce di favorire la crescita dell’Eurozona in modo ampio e durevole? Nella conferenza stampa della presidente, è stato sottolineato dai giornalisti il suo plauso entusiasta ai rapporti Letta e Draghi, soprattutto il secondo. Non è solo un gesto di cortesia verso l’ex collega, mai poi così tanto amato, quanto un messaggio diverso e che dice fra le righe: non chiedete alla Banca centrale di essere la leva di un rilancio strutturale dell’economia, servono riforme e cambiamenti nel mercato unico, nella burocrazia di Bruxelles e di quelle di tanti Paesi membri, nella scuola e nella formazione, nei mercati finanziari e tanto altro ancora che, appunto, sta scritto nei lavori dei due ex premier italiani.
Se questa interpretazione è corretta, la condivido pienamente. Per troppo tempo, anche prima della nascita dell’euro e le Banche centrali ancora nazionali, si è chiesto loro di rimediare al rallentamento della crescita delle nostre economie, mentre è chiaro che la politica monetaria è solo uno strumento che si affianca a ciò che i governi devono fare per lo sviluppo. I suoi effetti sono limitati, possono solo accompagnare i percorsi di crescita che altri meccanismi e altre politiche industriali innescano e guidano. La politica monetaria è molto efficace in circostanze eccezionali, addirittura emergenziali come la pandemia, dove un immediato e imponente immissione di liquidità ha impedito l’avvio di processi di crisi finanziaria con rischi catastrofici. Oppure è efficace quando l’economia è surriscaldata e rischia di generare inflazione: in questi casi il freno costituito dagli alti tassi di interesse risulta di solito efficace. Non altrettanto potente è il suo ruolo propulsivo, quando si tratta di far viaggiare più velocemente il treno dell’economia. Qui bisogna mettere mano al motore della locomotiva, togliere tutti i pesi non necessari che zavorrano il convoglio, adottare sistemi di locomozione più nuovi, più efficienti eccetera. Tutto questo, fuor di metafora, sono le riforme. Quali? Ognuno ha la sua, o le sue, ricette preferite. Credo che Lagarde volesse dirci che lei ha finito le munizioni e comunque gli strumenti da impiegare sono altri: vedi i rapporti Letta e Draghi, quest’ultimo non solo nel capitolo che ha fatto più notizia, l’emissione di debito europeo, ma in tutte le tantissime altre pagine dove indica riforme forse minori, certo difficili, ma che davvero libererebbero il potenziale di crescita di un continente assopito.
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