Strade, piazze e parchi: sì ai nomi in dialetto e donne protagoniste

BERGAMO. Via libera al regolamento per la toponomastica in città. Angeloni: «Nelle intitolazioni un occhio di riguardo alle figure femminili e a chi si è impegnato per i diritti». l caso di via Maj: il nome giusto è Mai, un errore fatto nell’Ottocento, ma correggerlo darebbe problemi a 800 residenti.

Sdoganato l’utilizzo del dialetto bergamasco per i toponimi storici, un occhio di riguardo alle figure femminili per le nuove intitolazioni e una nota biografica stampata sulla segnaletica del personaggio a cui una via è dedicata. Sono alcune novità del regolamento per la toponomastica, passato lunedì sera, 27 gennaio, in Consiglio comunale.

Dietro al nome di una via o piazza, ci sono storie di persone che hanno vissuto quei luoghi. E la scelta diventa spesso politica, non a caso il regolamento ha visto contraria la minoranza (ad eccezione di Antonio Bonomi Deleuse e Cesare Di Cintio, Lista Pezzotta). L’assessore competente Giacomo Angeloni sottolinea il ruolo delle «Commissioni toponomastiche, presidio culturale della città e strumento di partecipazione. Molte città le hanno abrogate, ma Bergamo storicamente ha sempre voluto mantenerla». Un patrimonio che la Giunta vuole valorizzare, «prevedendo una pagina web con un elenco delle vie e le ragioni delle intitolazioni, allegando le delibere, per agevolare chi vuole fare ricerca», accenna Angeloni, con la sua delega all’Innovazione.

Materia complessa

La materia è complessa, perché ad una via possono essere legati anche centinaia di civici e altrettanti residenti che, al mutare di una virgola del toponimo, sono costretti a rifare, ad esempio, la carta d’identità. È il caso di via Maj, con oltre 800 residenti: «Il noto cardinale è indicato come Maj nella via, ma all’anagrafe era Mai – spiega Angeloni –. È un errore fatto nell’Ottocento, ma se dovessimo correggerlo - cosa che non faremo - significherebbe dover cambiare ragione sociale e residenze a tutti. Per questo nel nuovo regolamento c’è scritto che il cambio di nomi delle vie è l’extrema ratio».

Il dialetto

Novità, il dialetto: «Si potrà usare nel caso in cui ci siano toponimi storicamente tramandati, anche oralmente – spiega l’assessore –. La Commissione ha fatto un grande lavoro di approfondimento storico e artistico: ad esempio vicolo Macellerie veniva chiamata “strecia di asen”, perché lì passavano gli asini. Stiamo pensando ad un piccolo cartello che lo ricordi». E ancora, «un occhio di riguardo alle donne e a chi si è distinto per la difesa dei diritti civili e sociali – lancia il messaggio più politico Angeloni –. In questi anni abbiamo già dedicato diverse vie, piazze e parchi a figure femminili di valore, come le sorelle Coggiola, due donne antifasciste, Tina Modotti, fotografa dei primi del ‘900, Margherita Hack, Maddalena Casulana, musicista del Seicento, Lydia Gelmi Cattaneo, Giusta tra le Nazioni».

Si potrà inoltre scrivere, sul cartello, una nota biografica della persona a cui è dedicato un luogo (esempio: Giacomo Quarenghi, architetto), possibilità che qualche anno fa veniva esclusa dal Codice della strada, «ma ormai, è uno standard prescritto dal regolamento», sottolinea l’assessore.

Dibattito in aula

Il documento è passato in aula lunedì, con ampia discussione. Piace al leghista Alberto Ribolla (anche se vota contro il regolamento) «l’utilizzo del dialetto. Chiediamo un impegno su questo, finora non è stato fatto nulla». Contrario è il voto di Fratelli d’Italia: «Tentare di arrivare una parità di genere è ridondante – afferma Arrigo Tremaglia –. Con l’andare del tempo sarà naturale intitolare luoghi alle donne. Non siamo contro la parità di genere, Fratelli d’Italia non accetta lezioni, in Consiglio abbiamo due donne e abbiamo nominato la prima presidente del Consiglio donna (Giorgia Meloni)».

«È vero, ma la vostra presidente si fa chiamare “il” presidente – attacca Barbara Carsana, Pd –. In città abbiamo 1.055 vie dedicate a uomini e 40 a donne. Questo è un indice di quanto sia importante chiedere ove possibile colmare una differenza schiacciante».

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