N o, non hanno copiato l’Atalanta. Semmai potrebbe essere il contrario, anche se non ci sono prove nemmeno in tal senso. Ma a scanso di equivoci quel volto stilizzato sullo stemma del Bournemouth che ricorda la nostra Dea è datato 1972 nella sua prima versione, quindi un decennio (abbondante) prima che la società nerazzurra decidesse di mettere mano al proprio. Tra le altre cose il logo inglese non ha nulla di mitologico, ma raffigura semplicemente un giocatore nell’atto di colpire la palla di testa: d’accordo, apparentemente ha i capelli lunghi e questo può trarre in inganno, ma l’Inghilterra degli anni ’70 era abbastanza cool. In realtà il profilo ha un nome e cognome, quello di Dickie Dowsett, attaccante capace di realizzare 79 reti nelle sue 169 partite (dal 1957 al 1962) nell’allora Bournemouth & Boscombe Athletic, dal nome del quartiere a non molta distanza dal Dean Court, storico stadio che ora si chiama Vitality per questioni di sponsorizzazione.
La squadra rossonera (pare sia un omaggio al Milan) ha una lunga storia, quasi 150 anni: la data di fondazione è il 1874, ma fino al 2013 non ha mai conosciuto i fasti della massima serie. Di più, fino al 1986 non è mai andata oltre la terza divisione, la sua categoria per eccellenza visto che ci ha giocato la bellezza di 51 stagioni, in pratica una volta su 3. In questa parte d’Inghilterra che si affaccia sulla Manica il calcio è sempre stato un affare di Southampton e Portsmouth (e più a Est del Brighton ora allenato da De Zerbi), con il Bournemouth relegato al ruolo di comprimario. Ma dopo la recentissima retrocessione dei Saints in Championship e continuando l’ormai atavica crisi del Portsmouth che da una decina d’anni di dibatte tra quarta e terza serie, le gerarchie si sono completamente capovolte: ora le Cherries (le ciliegie, da sempre il soprannome del club che per diversi anni ha giocato con una maglia completamente rossa) sono la squadra più a Sud della Premier, con tanto di affaccio sul mare.