Cronaca / Val Calepio e Sebino
Domenica 21 Aprile 2024
Sommozzatori alla ricerca di sorgenti sotto il lago
TAVERNOLA. Nuova iniziativa di «Progetto Sebino» nella zona di Gallinarga. L’operazione si chiama «Buco nell’acqua», riunisce esperti universitari e sub.
L’hanno chiamata operazione «Buco nell’acqua», con spirito goliardico e scaramantico. Ma il nome rende già l’idea della nuova ricerca avviata dagli speleologi dell’associazione «Progetto Sebino» in collaborazione con due associazioni di sommozzatori e alcuni esperti universitari. L’obiettivo delle esplorazioni sulle pareti subacquee a Tavernola Bergamasca è trovare traccia di una sorgente sublacuale. Fessure o addirittura un passaggio da cui si potrebbero riversare nel lago d’Iseo parte delle acque presenti nei fiumi sotterranei dell’immenso complesso carsico «Bueno Fonteno-Nueva Vida».
«Grazie all’ausilio di subacquei “profondisti” e di una squadra munita di barca con un Rov, un robot sottomarino controllato da remoto, cerchiamo le tracce di una sorgente sublacuale»
Dopo aver scoperto l’abisso di Fonteno e impegnati da quasi vent’anni nell’esplorazione e nel monitoraggio dei corsi d’acqua che scorrono in profondità per chilometri e chilometri (finora è stato mappato uno sviluppo di oltre 35 chilometri), «Progetto Sebino» ha intrapreso una nuova iniziativa nel comune di Tavernola. Questa volta non si tratta di una ricerca speleologica all’interno della montagna: «Grazie all’ausilio di subacquei “profondisti” e di una squadra munita di barca con un Rov, un robot sottomarino controllato da remoto, cerchiamo le tracce di una sorgente sublacuale», ha spiegato il segretario dell’associazione, Federico Vezzoli.
Attività da febbraio
L’operazione «Buco nell’acqua» è partita a febbraio, quando si sono riuniti allo stesso tavolo esperti e conoscitori del lago, che hanno fatto squadra. Insieme agli speleologi, infatti, ci sono i sub dell’associazione gardesana «Deep Explorer onlus», presieduta da Angelo Modina, i sommozzatori dell’associazione sportiva dilettantistica bergamasca «North Central Divers», profondi conoscitori del Sebino, e i professori universitari Marco Pilotti, titolare della cattedra di Idraulica al dipartimento di Ingegneria civile dell’Università degli studi di Brescia, e Fabio Gatti, docente all’Università degli studi di Parma e responsabile scientifico di «Progetto Sebino».
Sabato mattina 20 aprile gli speleologi hanno prestato assistenza ai subacquei indicando le zone nelle quali immergersi secondo i punti identificati in base alla struttura geologica dell’area, alla presenza di anomalie termiche riscontrate in alcuni studi precedenti e in base alla morfologia delle pareti. A Gallinarga i cinque sommozzatori sono scesi tra i 45 e i 55 metri, mentre il Rov avrebbe dovuto raggiungere i cento metri di profondità. Ma le forti correnti e la scarsa visibilità dovuta alla presenza di alghe sospese nell’acqua hanno creato non poche difficoltà alla squadra di ricerca, complicando le operazioni di questa prima giornata di esplorazione.
«I subacquei sono partiti per “spazzolare” il litorale a varie quote di profondità – spiega il presidente di “Progetto Sebino”, Claudio Forcella –. L’obiettivo è creare un reticolo di osservazione delle pareti di questa zona». Il Rov nel frattempo ha lavorato a una profondità compresa tra gli 8 e i 25 metri. Un primissimo passo per cercare di capire dove si trovino le sorgenti sublacuali provenienti dall’abisso «Bueno Fonteno». Già nel 2011, infatti, le acque sotterranee erano state tracciate dall’associazione: dopo 48 giorni di «viaggio» erano arrivate a Tavernola. Qualche anno dopo, all’esito di un nuovo test, era emerso che ci avevano impiegato solamente 11 giorni. Da qui l’ipotesi che potessero aver seguito due percorsi sotterranei differenti.
In Gallinarga ha fatto tappa anche Luca Serughetti: «Si tratta di un’iniziativa di ricerca per capire da dove provengono le acque, quali percorsi compiono, se si tratta di sorgenti potabili o meno e se, lungo il tragitto, vengano contaminate», spiega il presidente di Uniacque, che dal 2017 sostiene il progetto di monitoraggio «100 km di abissi». Ora, oltre a proseguire in Gallinarga, la volontà è di esplorare anche parte dell’asse inclinale ai piedi del cementificio di Tavernola.
© RIPRODUZIONE RISERVATA