Se la follia social si trasforma in disordini

MONDO. «Violenza organizzata». Ecco la nuova follia che sta mettendo a soqquadro il Regno Unito, percorso da un’ondata fuori controllo di razzismo, ingigantito dai social media.

Gravissimi disordini si sono registrati in numerose città del Paese, tanto che il neopremier laburista, Keir Starmer, è stato costretto a indire una riunione d’emergenza del Cobra, il Comitato di sicurezza nazionale, mentre l’opinione pubblica è arrivata a chiedere l’intervento dell’Esercito. Ma facciamo un passo indietro. A scatenare questa follia collettiva è stato un terribile fatto di cronaca. Un adolescente di 17 anni, nato a Cardiff e cresciuto in Galles, ha ucciso in preda a un raptus tre bambine a Southport, vicino a Liverpool, il 29 luglio scorso.

I social media hanno messo in giro la voce che l’adolescente era un «musulmano arrivato su un barcone», mentre, in realtà, è un ragazzo di colore di ben altra religione, educato nelle scuole del Regno. Al grido «riprendiamoci il nostro Paese» e insulti agli islamici sono iniziati assalti coordinati contro gli ostelli e i negozi dei migranti. I pestaggi, gli incendi e i danneggiamenti non si sono contati. In alcune città vi sono stati scontri tra due fronti opposti - assalitori e difensori - con la polizia finita in mezzo a prenderle di santa ragione. Quanto mai fondamentale è stato il lavoro di ricostruzione mediatica degli eventi compiuta dalle Forze dell’ordine. A falsificare artificiosamente la terribile notizia di Southport sono stati esponenti delle estreme destre suprematiste, già identificati. Poi i soliti smidollati – in cerca di traffico e di visibilità – e le «tigri» del web hanno ingigantito il tutto.

Una prima riflessione. Ma è mai possibile che sui social media – dove in tanti ormai sfogano il loro odio e le proprie frustrazioni – continui la falsa credenza popolare che si può scrivere qualsiasi cosa, anche diffamante, e non si paga mai pegno? Starmer ha promesso «condanne rapide» ed esemplari per chi ha commesso reati. Varrà anche per chi ha «rilanciato» l’evento mistificato? Una seconda riflessione sulle credenze popolari. Pare incredibile ma c’è gente che crede a qualsiasi cosa legga o veda e non verifica mai la fonte o l’origine della notizia, finendo tra le grinfie spesso di odiatori senza scrupoli ed approfittatori. Quante volte abbiamo chiesto: «Ma chi l’ha detto? Dove l’hai letto?». E la risposta nel corso degli anni è cambiata da «L’ho letto su Internet!» a «L’ho letto su Facebook» e roba del genere.

Una prima conclusione. Strategica appare oggi, ancora di più, l’opera delle scuole nel prevenire disastri del genere come quello accaduto in Gran Bretagna. Che il problema migratorio sia particolarmente sentito a quelle latitudini ed abbia già contribuito a cambiare il corso geopolitico del Paese – leggasi Brexit - è noto.

Ma a quanto sembra nessuno è mai riuscito o ha tentato di gestirlo diversamente. Ricordiamo un servizio televisivo della Bbc prima del referendum del giugno 2016. I «Leave» (coloro che sostenevano l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue) indicavano nelle persone con l’aspetto fisico diverso dal loro il pericolo e la ragione del loro voto. Peccato che nel 90% dei casi puntavano il dito contro persone del Commonwealth – spesso britannici come loro – e non veri stranieri migranti! Con un tasso di de-natalità così forte, il Vecchio continente si trova nella necessità urgente di definire una giusta ricetta ai flussi migratori, evitando di subirli, ma gestendoli al meglio. Non farlo appropriatamente significa finire – come ora nel Regno Unito – alla mercé di estremisti o peggio di innescare una guerra tra poveri.

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