Scegliere dopo le medie, non basta la «x» giusta

ITALIA. Dal 18 gennaio al 10 febbraio è aperta una finestra di tempo particolare per gli oltre 10.000 ragazzi della provincia di Bergamo che frequentano la terza media.

Il nome del vecchio ordinamento è una licenza poetica che continua a fare più effetto nell’aiutarci a percepire lo stacco: i nostri quattordicenni sono all’ultimo anno di un pezzo di vita. C’è qualcosa che si chiude e qualcosa che si inaugura: proprio in questi giorni devono scegliere la loro scuola superiore, quella che ricorderanno quando racconteranno l’avventura della loro adolescenza. È una scelta densa, dunque, incancellabile come il colpo di scalpello che lo scultore assesta al blocco di marmo da cui sta cercando di estrarre il proprio capolavoro. Ci dovranno fare i conti, anche se poi cambieranno idea. Che siano pronti o meno, che lo vogliano oppure no, la realtà si affaccia con prepotenza a bussare alla loro vita e a infrangere l’idea narcisista che si possa rimanere bambini per sempre. Ed è per questo che gli adulti li osservano trattenendo il fiato.

In queste tre settimane, allora, è come se si aprisse uno di quei portali dimensionali dei romanzi di fantascienza, che consentono di spostarsi avanti nel tempo: barrando la casella dell’istituto superiore che vorrebbero frequentare da settembre 2024, i quattordicenni anticipano tutte le lacrime, le amicizie, le ansie da interrogazione e le secchiate dei prossimi anni. Nello spazio di un quadratino in cui mettere una «x» si intravede qualcosa dei loro sogni, dei loro progetti e del loro domani.

Come società abbiamo santificato la solennità del momento sostenendo la sana incoscienza dell’età, che pure è necessaria per fare il salto, con una serie di aiuti per scegliere bene, per non buttarsi a caso nella mischia del futuro: open day, percorsi di orientamento, test attitudinali, colloqui con il corpo docente… Tutto è predisposto perché i ragazzi siano più consapevoli di cosa vanno cercando. Ma c’è un non detto in tutto questo corredo ortopedico della libertà, che abbiamo allestito per rendere il cammino della vita più corretto e meno traumatico possibile: per scegliere non basta seguire il libretto di istruzioni.

Il paradigma tecnico-scientifico del funzionamento è così efficace da diventare uno dei parametri con cui oggi si gestisce anche l’azione della libertà. Ragazzi, fate una scelta che «funzioni bene» per il futuro: che sia sostenibile per le vostre famiglie, che abbia uno sbocco lavorativo decente, che corrisponda a ciò che vi fa sentire realizzati, che vi faccia guadagnare, che non sia troppo esigente. E le nostre stampelle di orientamento «funzionano bene» se trasformano le domande ansiogene dei ragazzi in una grande equazione, da risolvere matematicamente passaggio dopo passaggio: il futuro viene fuori quasi spontaneamente applicando in modo corretto la procedura. Valutare cosa si è bravi a fare, chiedersi che cosa piace, frequentare l’open day che incuriosisce maggiormente. È il tentativo di risolvere con un metodo da algoritmo qualcosa di irregolare e gorgogliante come il guizzo della libertà e della vita. È encomiabile lo sforzo, perché aiuta ciascuno a occupare con meno dubbi la propria casella: ci sono un sacco di ragazzi a posto, che funzionano bene. Ma non è sufficiente barrare un quadratino perché l’entusiasmo del domani accenda l’adolescenza di slancio e di passioni. Funziona tutto: peccato solo che la felicità e la pienezza non siano dei meccanismi.

È difficile avere un’idea del domani senza avere un ideale. Senza avere un sogno. La domanda «Che scuola farai l’anno prossimo?» è troppo piccola se non è bilanciata dall’interrogativo pungente che fa chiedere «Ma tu che cosa vuoi fare di grande?», «Ce l’hai qualcosa che ti chiama?». Forse continua a essere questa la strada per potere scegliere, anche se più esposta agli schiaffi della vita, più artigianale e meno rigorosa: non stancarsi di far gustare ai nostri piccoli esperienze autentiche, profonde, capaci di innescare il desiderio e di solleticare lo spunto dell’animo. Da molto prima dei 14 anni. Esperienze che costringano il meglio di ciascuno a rivelarsi, che siano affascinanti ed esigenti come solo le cose vere sanno essere, che facciano brillare la generosità e il dono di sé. Per meno di questo, rischiano di esserci solo tutte le «x» al posto giusto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA