Santanchè, chi resterà col cerino in mano

ITALIA. Giorgia Meloni non si è presentata nell’aula del Senato durante
le comunicazioni con cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha provato ad allontanare da sé le accuse che le sono state mosse da varie inchieste giornalistiche per le tormentate vicende delle sue varie imprese commerciali.

Ma alla premier non basterà qualche assenza tattica per disfarsi di questo ingombrante ostacolo che si è presentato lungo il suo cammino. Per una ragione molto semplice: la Santanchè ha impiegato tutte le sue energie davanti ai senatori per negare di essere indagata, anzi ha accusato i giornali che lo hanno rivelato di un’azione «sporca e schifosa e di una vera campagna di odio contro di lei», ma ieri pomeriggio si è saputo che lei indagata è, e per due reati importanti: bancarotta e falso in bilancio. La procura di Milano indaga su di lei dal novembre scorso e ha secretato gli atti per tutelare le indagini nei termini consentiti dalla legge, ossia tre mesi.

Ora, quando tutte le carte saranno pubbliche e la Santanchè dovrà pur prendere atto del suo stato di indagata, Meloni non potrà più ignorare la faccenda. Già la sua reazione, quando è scoppiato il caso, non è stata propriamente di difesa a corpo morto della ministra: adesso potrebbe essere indotta a gesti difficili ma inevitabili. Senza dimissioni della Santanchè il governo infatti rischia di rimanere sulla graticola per mesi: le inchieste giornalistiche continueranno a tirar fuori altri particolari della vicenda mentre le opposizioni tireranno fuori dai social tutto il repertorio «giustizialista» della Meloni in versione opposizione, quando chiedeva le dimissioni di ministri anche per casi assai meno gravi di questo. È una contraddizione che le verrà sempre rinfacciata fino a quando la Santanchè rimarrà al proprio posto, ancorché da anatra zoppa.

Dal punto di vista della tattica parlamentare è stata quindi una mossa ingenua (o troppo platealmente furba?) quella dei Cinque Stelle che hanno intenzione di presentare una mozione di sfiducia individuale contro la ministra del Turismo: ma è evidente che, quando si dovrà votare, tutto il centrodestra compattamente difenderà la sua esponente, e dovranno farlo anche coloro i quali (non pochi dentro la Lega e Fdi) sin dal primo momento hanno chiesto alla Santanchè di giustificarsi di fronte al Parlamento facendo intendere che, in mancanza di parole chiare, l’unica strada possibile sarebbe stata quella delle dimissioni. Quindi la mozione del M5s finirebbe per ricompattare la maggioranza di governo annullando l’effetto «graticola»: un autogol cui si associa Elly Schlein, pronta a dare il suo assenso ad una iniziativa altrui.

Così finirà che il centrodestra sanerà le sue divisioni, il M5S si prenderà il merito di aver pronunciato la più dura condanna e il Pd resterà con nulla in mano. Non a caso Calenda ha definito «un’idiozia» la mossa del M5S: «Decida piuttosto la Meloni che cosa vuol fare» hanno detto i più esperti dell’opposizione, cercando di lasciare nelle mani della presidente del Consiglio il cerino acceso.

In ogni caso Meloni, di fronte al rischio di vedere indebolito il governo a causa di un ministro indagato con tutti i problemi che ci sono da affrontare, difficilmente esiterebbe a tagliare di netto il problema. Del resto Santanchè è ministra del Turismo, si può sempre dire che un’ambasciatrice del made in Italy non può viaggiare per il mondo appesantita da una indagine penale a suo carico. Se non altro perché questo non piacerebbe ai giudici che devono assegnare a Roma o a Riad l’Expo del 2030.

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