Salute mentale, è allarme risorse e posti letto. «Il piano entro l’anno»

BERGAMASCA. Gli spazi per i pazienti dovrebbero essere 90, ma si è fermi a 72. Presto il documento di programmazione regionale alla luce dei nuovi bisogni.

Stigma e discriminazione continuano a essere una barriera all’inclusione sociale e all’accesso a cure adeguate. «La salute mentale è un diritto umano universale», ma una persona su otto convive con un problema che va da ansia e depressione fino alle forme più gravi di disturbi della personalità. A scriverlo è l’Organizzazione mondiale della sanità che ha scelto come tema della Giornata mondiale della salute mentale, che si celebra oggi, lo slogan «Le nostre menti, i nostri diritti». Ogni anno si moltiplicano esperienze, criticità e proposte, per contribuire a rendere la presa in carico delle persone con disturbi mentali una realtà concreta, accessibile, inclusiva ed efficace in tutto il mondo.

E il 2023 potrebbe essere l’anno della svolta, anche in Lombardia. Infatti il piano regionale per la salute mentale, risalente al 2004, sarà ricalibrato alla luce delle nuove emergenze e bisogni sopravvenuti nel corso dell’ultimo ventennio, con il Covid formidabile acceleratore di patologie psichiatriche e disturbi, ed entro fine anno si arriverà all’elaborazione di un nuovo piano che recepirà i suggerimenti del tavolo tecnico istituito in Regione lo scorso luglio.

Le proposte per migliorare il servizio

Tra le proposte, un maggiore raccordo tra i servizi ospedalieri e territoriali, l’utilizzo delle Case di comunità come primo interfaccia per intercettare i disagi mentali, in sinergia con i Cps (Centro psico-sociali) e il potenziamento dell’attività domiciliare, integrazione delle equipe mediche e tecnico-riabilitative, strutture e nuovi reparti per le disintossicazioni, nuovi ambulatori per la cura dei disturbi alimentari. Proposte tecnico-operative che devono fare i conti sempre con problemi strutturali ed endemici, tra cui la carenza di personale e risorse spesso inadeguate, eppure qualcosa si sta muovendo e bisogna essere fiduciosi, come conferma la psichiatria Emi Bondi, direttore del dipartimento di Salute mentale dell’Asst «Papa Giovanni» di Bergamo, presidente nazionale della Società italiana di psichiatria e componente del tavolo tecnico ministeriale: «Stiamo producendo documenti che verranno sottoposti a commissioni, consiglio e giunta regionali per arrivare a un nuovo piano della salute mentale entro il 2023, ciò si tradurrà anche nella riorganizzazione dei servizi e negli investimenti di personale». Al tavolo regionale siedono anche i bergamaschi Carlo Saffioti, psichiatra e già presidente della commissione regionale Sanità, il medico Carlo Riglietta, direttore della struttura complessa delle Dipendenze dell’Asst «Papa Giovanni», la psicologa Maria Simonetta Spada, direttore dell’Unità di Psicologia dell’Asst «Papa Giovanni», l’infermiere Cesare Moro, rappresentante degli infermieri dell’ambito di salute mentale.

Risorse e posti letto, le criticità

Emi Bondi evidenzia i passi in avanti sulla salute mentale ma anche le criticità che persistono: «È in aumento l’uso delle sostanze tra i più giovani, con la precoce insorgenza di malattie psichiatriche, che si intersecano con i disagi. Quanto ai posti letto ospedalieri per acuti, a Bergamo continua a mancare un intero Spdc (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura), siamo su una media di 0,6 posti letto per 10mila abitanti (in regione la media è 0,9). In sostanza i posti letto dovrebbero essere 90, ma noi ci fermiamo a 72 in tutta la provincia. Manca il reparto di Neuropsichiatria infantile e si continua a ricoverare in Psichiatria o Pediatria. Abbiamo fatto poi un concorso aggregato, le tre strutture pubbliche della Bergamasca si sono messe insieme con Lecco, Varese, Como e Monza per attirare personale medico psichiatrico e attendiamo fiduciosi. Altro problema è quello dei fondi: auspichiamo nella legge di Bilancio una quota aggiuntiva per la Psichiatria, a livello regionale siamo rimasti al 3% dei fondi del Servizio sanitario destinati alla Psichiatria, quota che resta insufficiente a coprire i bisogni». Poi un motivo di vanto per Bergamo: «Quest’anno ricorrono 150 anni dalla fondazione della Società italiana di Psichiatria, fondata da un trevigliese, Andrea Verga. Il filo con Bergamo continua nella storia», conclude Bondi.

Marco Riglietta sottolinea come il tavolo regionale «stia lavorando alacremente con gruppi di lavoro su psichiatria, neuropschiatria, dipendenze, disabilità, autori di reato, un gruppo trasversale su area giovanile/adolescenti e psicologia. Tra le priorità, servono azioni per l’intercettazione precoce dei disturbi mentali e la stabilizzazione di progetti finora finanziati a spot ogni anno, come i progetti di limitazione dei rischi dei contesti del divertimento, perché i giovani consumano spesso sostanze e accedono al Pronto soccorso già in fase di acuzie. Permane l’emergenza posti letto per le dipendenze, non ci sono posti letto per acuti e se devo far disintossicare qualcuno, alla fine finisce fuori regione nelle strutture del privato. Per tutte le aree poi va affrontato il problema dell’integrazione dei servizi, perché per i disturbi multipli servirebbero strutture specialistiche di terzo livello con operatori di psichiatria, dipendenze e neuropsichiatria». Lo psichiatra Carlo Saffioti, uno dei relatori del Piano regionale del 2004, sottolinea che l’accelerazione impressa al nuovo piano regionale «è una buona notizia. I bisogni sono aumentati negli anni, insieme alla diversificazione delle patologie tra abuso di sostanze e dipendenze e la tecnologia si è rivelata uno strumento di chiusura che ostacola le relazioni. Tra le criticità va affrontato il tema degli autori di reato incapaci di intendere e di volere e inseriti nelle comunità. La psichiatria rivendica un ruolo clinico e non custodialista, mentre la magistratura chiede un ruolo di cura. A Bergamo Ats ha promosso incontri tra magistratura ordinaria e di sorveglianza e la Psichiatria e ce ne saranno altri per trovare soluzioni ed evitare situazioni di eccessive degenze. Resta sullo sfondo il problema dello stigma dei pazienti dimessi che trovano un deserto di relazioni».

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