Quelle emozioni che la retorica non può raccontare

IL COMMENTO . E poi arriva il momento in cui la retorica si deve fare parte. Perché ci sono cose, momenti, situazioni che solo la realtà può raccontare.

Per tessere le lodi del nuovo Gewiss Stadium si è detto e scritto di tutto, e magari anche qualcosina in più. Finché ti rendi conto che nessuna descrizione potrà mai rendere l’idea dei colori, del boato della folla, del profumo dell’erba bagnata (che nel calcio di oggi è sempre bagnata, anche quando non piove, perché così il pallone scorre meglio e lo spettacolo ne guadagna), del rumore sordo dei colpi sul pallone e magari anche di quello secco sui parastinchi, perché il calcio resta sempre quella cosa in cui, come diceva Nereo Rocco, bisogna colpire tutto quello che si muove sul campo, e se è la palla va bene lo stesso.

Certo, non è esattamente il credo calcistico di Gasperini, ma ad onor del vero non era nemmeno quello di Rocco, sulle cui qualità di grande motivatore si è romanzato al punto da far passare in secondo piano quelle di tattico capace di vincere due Coppe dei Campioni con un Milan ad alto tasso di spettacolarità. Anzi, un po’ di sano pragmatismo rocchiano, chissà, ieri il Gasp l’avrebbe visto anche di buon grado in quella sua difesa, per un tempo in balìa della Fiorentina.

Ma era scritto nel copione dei sogni che andasse così. Che festa sarebbe stata senza fuochi d’artificio? Poteva l’Atalanta, questa Atalanta, inaugurare la sua nuova casa scintillante con uno striminzito 1-0, magari speculando pure? E allora via con i botti. Firmati dal figliol prodigo Lookman, versione candidato a due Palloni d’oro. Da De Ketelaere, raramente così continuo e convincente, al netto dei mai discussi guizzi di classe. Da Retegui, finalizzatore micidiale, quasi giocasse da sempre in questa squadra. Lampi di fine estate, nello stadio gioiello che ora attende il battesimo di Champions con l’Arsenal, vicecampione della Premier League. All’ombra della Maresana, che oggi come 96 anni fa – quando il catino di viale Giulio Cesare fu inaugurato nella sua versione originale, anche allora avveniristica – veglia dall’alto, immutabile ed eternamente uguale a se stessa. Grande, austera, verde, come l’Umbria cantata da Giosuè Carducci. Come? Ah già. Eravamo partiti dicendo basta retorica. Ma come si fa, in un pomeriggio così?

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