Più telefonini e meno cibo: ecco come cambiano i consumi in Italia

L’ANALISI. Confcommercio: nel 2024 spesa di 21.700 euro, meno che nel 2007.

Anche nel 2024 la stessa tendenza. Le famiglie risparmiano sugli acquisti più tradizionali, a partire dal cibo e dall’abbigliamento. Spendono sempre di più per telefoni, pc e prodotti multimediali così come per il tempo libero. Un’analisi dell’ufficio studi di Confcommercio ripercorre i 30 anni che hanno rivoluzionato i consumi degli italiani, alla prese con i redditi reali in calo e i diktat e le mode della rivoluzione digitale. Obiettivo: non restare indietro.

Analisi dal 1995

Lo studio parte dal 1995. Il primo cellulare era stato venduto in Italia appena 5 anni prima, secondo la Treccani, il primo iPhone sarebbe arrivato 12 anni dopo e si sarebbero dovuti aspettare cinque anni anche per il Nokia 3310, oggetto di culto degli appassionati ancora oggi. Da allora è stato un boom: la spesa per i telefoni delle famiglie è aumentata in termini reali di oltre il 6.500% mentre smartphone sempre più evoluti diventavano compagni inseparabili e onnipresenti degli italiani, nel lavoro come nel tempo libero. In alcuni casi il telefono ha preso quasi le sembianze di un nuovo tipo di «padrone», per i rider e gli altri lavoratori di app e piattaforme e non solo.

Le famiglie risparmiano sugli acquisti più tradizionali, a partire dal cibo e dall’abbigliamento. Spendono sempre di più per telefoni, pc e prodotti multimediali così come per il tempo libero

Il boom del 1995

Una crescita impetuosa ha riguardato anche pc e prodotti audiovisivi e multimediali, in espansione del 962% dal 1995. Così come è salita la spesa nei servizi ricreativi e culturali che hanno registrato un incremento del 90% in un’esplosione di attività da vivere e condividere sui social network.

Sono altri i campi dove le famiglie hanno concentrato i loro sacrifici. Negli stessi decenni, i consumi di alimentari e bevande si riducevano del 10,6%, quelli di abbigliamento del 3,9%, e quelli di mobili ed elettrodomestici del 3,5%. Anche le spese di elettricità e gas scendevano, del 16,6% grazie ai minori sprechi e alle politiche di risparmio energetico. Negli ultimi anni la tendenza è continuata, complice anche la pandemia che ha dato un nuovo slancio ai dispositivi digitali.

Nel 2007, prima della grande crisi, i consumi complessivi delle famiglie hanno raggiunto un picco mai più eguagliato ma, anche rispetto a quell’anno d’oro, la spesa per telefoni è aumentata di 137 euro. Quella per alimentari e bevande è calata di 521 euro.

Cala la moda, anche il turismo

Nel complesso, i consumi delle famiglie, nel 2024, secondo le previsioni di Confcommercio, raggiungeranno 21.778 euro, una spesa superiore ai livelli pre-Covid ma al di sotto di quelli del 2007. Per alcune tipologie di acquisti è ancora recuperare a pieno anche il terreno perduto con la crisi pandemica. È questo il caso, ancora una volta, soprattutto dei beni alimentari e della moda. Ma anche le spese turistiche, come viaggi e vacanze e i pasti e le consumazioni fuori casa sono leggermente inferiori al livello del 2019, nonostante le presenze da record.

Nel complesso, i consumi delle famiglie, nel 2024, secondo le previsioni di Confcommercio, raggiungeranno 21.778 euro, una spesa superiore ai livelli pre-Covid ma al di sotto di quelli del 2007.

«Quest’anno i consumi legati al tempo libero e quelli della filiera turistica daranno un forte contributo alla crescita. Ma la nostra economia è ancora in una fase di incertezza», ha commentato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. Per Sangalli, «molto dipenderà dalla tenuta dell’occupazione, dalla riduzione dell’inflazione e dagli investimenti del Pnrr. E soprattutto dalla piena attuazione della riforma fiscale che può e deve sostenere redditi e consumi delle famiglie».

Il flop dei saldi

Testimoniano una debolezza dei consumi anche i risultati da “allarme”, per Federmoda Confcommercio, dei saldi estivi, che non sono riusciti a rilanciare lo shopping. Nel primo semestre il comparto moda ha visto un calo delle vendite del 4,6% e a luglio la flessione, rispetto all’anno precedente, si è aggravata e ha superato l’8% nonostante l’avvio delle promozioni. Continua così la crisi delle vendite che lo scorso anno ha portato alla scomparsa di più di 5 mila negozi di moda e alla distruzione di quasi 10.000 posti di lavoro.

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