«Nei comuni bergamaschi finanziati 1.340 progetti»

L’INTERVISTA. De Luca (Anci Lombardia): «Con i fondi di coesione e del Pnrr la quasi totalità dei nostri enti locali ha potuto promuovere importanti interventi per il dissesto idrogeologico, edilizia scolastica e nuovi mezzi di trasporto».

Quasi tre miliardi di fondi da spendere entro giugno 2026; la consistente liquidità iniettata dal Pnrr in provincia di Bergamo ha attivato decine di cantieri, alcuni dei quasi sono già conclusi.

I Comuni sono riusciti a ritagliarsi un ruolo da protagonisti come enti promotori e attuatori. Le difficoltà dell’inizio sono state in gran parte risolte e ora i risultati iniziano a vedersi.

Lucio De Luca, vicepresidente di Anci Lombardia: la Bergamasca ha saputo sfruttare appieno l’opportunità di questi fondi?

«Forse non appieno, ma questo è dovuto a diversi fattori, dovuti principalmente alla necessità di adeguare la propria struttura interna e la propria operatività quotidiana ai tempi e obiettivi del Pnrr. Ci siamo trovati con un’impressionante quantità di denaro da investire , ma con poco tempo per farlo e soprattutto secondo procedure nuove e troppo veloci se interpretate con la burocrazia della nostra Pubblica Amministrazione. Tuttavia una volta capite le nuove regole di ingaggio, i nostri sindaci, chi più, chi meno, sono riusciti a cogliere questa sfida. Altro

aspetto che non ha aiutato è l’Indice di Vulnerabilità Sociale e Materiale (IVSM) che nell’assegnazione dei fondi ha premiato altre zone di Italia. Tuttavia in tutta Italia i Comuni si sono dimostrati essere la principale stazione appaltante, utilizzando oltre il 90% delle risorse e oltre il 50% delle gare bandite sul Pnrr e nella Bergamasca non siamo stati da meno. Quando parliamo di quasi 3 miliardi di fondi Pnrr, intendiamo opere sul territorio provenienti da tutti i livelli istituzionali, ma se vogliamo avere uno spaccato più territoriale, prendendo in considerazione quali soggetti attuatori solo i Comuni, le Comunità montane e la Provincia, parliamo di 242 enti coinvolti con 1.386 interventi e quasi 545 milioni di investimenti. Dei 243 Comuni bergamaschi ben 239 si sono attivati sviluppando come enti attuatori 1.340 progetti. Numeri di tutto rispetto».

Le grandi infrastrutture saranno finanziate in gran parte dal Pnrr. Un’occasione storica per la provincia.

«Il Pnrr sta aiutando il nostro territorio ad allinearsi a degli standard di servizio paragonabili al resto d’Europa. Parliamo di opere che se avessimo dovuto fare affidamento solo sulla finanza pubblica ante 2020 avrebbero richiesto anche un paio di decenni. Dati Regis alla mano, dal punto di vista dei Comuni l’investimento con maggiore impatto economico riguarda lo “sviluppo trasporto rapido di massa” a cui corrispondono due progetti del Comune di Bergamo per un totale di 180 milioni (T2 ed e-Brt). Questo dato sottolinea come tra sviluppo economico, necessità di ridurre i tempi di spostamento, investimenti nei poli logistici e proliferare di medie e grandi distribuzioni, quello dei trasporti e delle infrastrutture sia già oggi e sarà nel prossimo futuro “il” tema della nostra regione».

Asili nido, scuole. Si è aperta una fase di ristrutturazioni e di nuove edificazioni di cui la provincia di Bergamo sentiva il bisogno.

«La Provincia è sensibile su questo tema e lavora per migliorare il patrimonio scolastico con interventi mirati a garantire la sicurezza, l’efficienza e la modernità delle strutture. Grazie al Pnrr questa tendenza sta avendo un’accelerazione. Quello relativo a scuola e istruzione è il secondo investimento Pnrr dal punto di vista economico attuato dai Comuni. Parliamo della “messa in sicurezza dell’edilizia scolastica” con circa 70,4 milioni e il “Piano asili nido” con un impatto economico di 63,47 milioni e coinvolge 50 Comuni con 93 progetti. Altri 12,2 milioni sono impegnati in 3 progetti di rigenerazione urbana con la costruzione di nuove scuole. Un’altra ventina di progetti riguardano invece il piano per l’estensione del tempo pieno. La provincia di Bergamo ha una rete scolastica molto articolata che conta quasi 120 scuole dell’infanzia, 280 scuole primarie, 170 scuole secondarie di primo grado, 120 scuole secondarie di secondo grado e una trentina di sedi di Cpia. Gran parte di questo patrimonio è piuttosto datato. Un tema a parte è quello degli spazi. La risposta potrebbe essere in una progettazione che pensi sempre più a spazi modulari e polifunzionali».

Questi fondi hanno portato milioni di euro anche nei piccoli Comuni.

« Sono 95 i Comuni con meno di 2.000 abitanti che, grazie a ben 474 progetti, hanno beneficiato di circa 50 milioni di fondi Pnrr. Altra voce principale di investimento è la digitalizzazione, segno non solo di ammodernamento ma anche del fatto che dove non si arriva con le infrastrutture tradizionali, si compensa con quelle digitali».

Dopo le difficoltà iniziali, come si sono organizzati i nostri comuni per accedere ai fondi?

«Le criticità riscontrate riguardano i tempi stretti per le progettazioni, la mancanza di competenze specifiche e la difficoltà a reperirle esternamente, l’eccessiva burocrazia, le complicazioni della rendicontazione e, basta la parola, la piattaforma Regis. Alcune criticità permangono, specialmente di carattere finanziario. I Comuni e Anci Lombardia hanno evidenziato la questione e si sta intervenendo su più fronti. Tuttavia gli amministratori lombardi, e in special modo quelli orobici da sempre si sono distinti per competenza, proattività e ingegno. Ad esempio, per il Pnrr molti Comuni hanno assunto personale a tempo determinato con competenze specifiche nella gestione di fondi europei. I Comuni più piccoli hanno messo in atto collaborazioni con altri enti locali per condividere risorse e competenze. Come Anci Lombardia stiamo dando formazione e supporto tecnico attraverso programmi di formazione, webinar, workshop. I nostri uffici hanno istituito dei centri di competenza che danno supporto tecnico ai Comuni. Sono state create le cabine di regia locali nelle Prefetture che vedono il coinvolgimento di Provincia, Comune capoluogo, Ragioneria di Stato, Regione e Anci. Questi soggetti devono monitorare l’attuazione dei programmi Pnrr a livello provinciale e dare supporto.

I fondi del Pnrr basteranno a mettere in sicurezza i territori più fragili dal punto di vista del dissesto idrogeologico?

«Stiamo vivendo una fase complicata. Dati per appurati i cambiamenti climatici che richiedono interventi coordinati da livelli più alti di medio-lungo periodo, la dimensione territoriale richiede interventi strutturali ma da attuare nel breve-medio termine. Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha pubblicato uno studio sul rischio idrogeologico, che riguardava anche il nostro territorio, e che evidenziava che circa il 13% della nostra provincia si trova in una situazione di “pericolosità frana” da elevata a molto elevata, mettendo a rischio quasi 40.000 bergamaschi. È chiaro che con questi numeri anche i fondi del Pnrr sono gocce nell’oceano se non vengono accompagnate da un cambio culturale nella gestione del territorio. Dire quindi oggi se saranno sufficienti è un po’ presto e sappiamo che dipenderà da noi amministratori, ma anche da cittadini e imprese. Uno degli aspetti positivi e fondamentali è che il Pnrr ci sta costringendo a progettare in nome della sostenibilità ambientale favorendo questo cambio di mentalità».

La liquidità garantita dal Pnrr è anche un’occasione per dare opportunità di lavoro alle aziende del territorio?

«Tutte le imprese possono partecipare, ma i grandi progetti sono soggetti alle regole dell’evidenza pubblica e devono prevedere bandi europei. Tuttavia, secondo il nuovo Codice degli appalti, sono previste soglie di 150mila euro per l’affidamento diretto o attraverso procedure negoziate, invitando almeno 5 operatori economici per lavori pubblici di importo compreso tra 150mila e un milione. A ciò si aggiunge comunque un’altra possibilità legata all’indotto, alla gestione e manutenzione dei nuovi edifici e delle infrastrutture, all’erogazione e sviluppo dei nuovi servizi, che può invece vedere maggiormente coinvolte proprio le aziende del territorio».

Dopo questa iniezione di denaro, sarà necessario continuare ad investire. Con quali risorse?

«Il patrimonio realizzato andrà attivato, richiederà utenze, personale, dovrà essere conservato e mantenuto. È un tema ancora aperto, ma che stiamo monitorando e per il quale stiamo cercando soluzioni. Altra questione è quella relativa a come continuare a investire. La parte corrente sarà sempre più in difficoltà, lo Stato sta già attuando tagli sugli enti locali e presto dovrebbe essere istituito nuovamente il patto di stabilità interno del quale non sappiamo bene quale sarà il peso per gli enti locali. La fonte principale di risorse importanti per i Comuni non potrà che provenire dai fondi strutturali e di investimento europei, come il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e il Fondo Sociale Europeo (FSE). Questo significa che sarà essenziale per i Comuni acquisire competenze sulla progettazione europea, dovranno investire in tal senso sulla formazione del personale. Un’altra possibilità è data dai partenariati pubblico-privati. I Comuni inoltre dovranno migliorare l’efficienza nella gestione delle proprie risorse, riducendo gli sprechi, investendo su digitalizzazione e innovazione tecnologica».

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