Nei campi al sole, a 5 euro l’ora: «Per andarmene dovetti pagare»

CAPORALATO. La testimonianza del pakistano Ghulam.

«Stavamo nei campi per tutta la giornata, sotto il sole cocente, per una paga massima pari a cinque euro l’ora. Se ci prendevamo delle pause, erano botte: a picchiarci era sempre il caporale. Quello che ci contattava, ingaggiava, portava nei campi e a casa. E che ci consegnava la paga e decideva se l’indomani ci avrebbe o meno richiamato. Eravamo suoi sudditi, non lavoratori».

La storia di Ghulam

Ghulam (nome di fantasia) di origine pakistana, oggi ha più di trent’anni, ma ricorda ancora quando, da ragazzino, veniva portato in giro in mezza Italia, nei periodi della raccolta delle insalate o dei pomodori o di altri ortaggi, per lavorare nei campi con paghe davvero misere e praticamente nessun diritto: «Sono andato avanti così per qualche anno, poi sono riuscito a uscirne solo grazie a un mio connazionale che aveva già da tempo trovato un lavoro diverso e che ha coinvolto me e altri pakistani – racconta –. È stato necessario pagare una sorta di “buona uscita” al caporale perché ci lasciasse andare. Assurdo perché a chi lascia un lavoro di solito è il datore di lavoro a lasciare una determinata somma: il trattamento di fine rapporto, si chiama oggi. Invece nel mio caso sono stato io a dover pagare per andare via. Un migliaio di euro, ricordo, che avevo messo da parte negli anni. Il resto lo mandavo alla mia famiglia rimasta in Pakistan. Oggi li aiuto ancora, ma è un altro mondo: ora lavoro nel settore dell’informatica».

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