Mobilità, un problema e tante soluzioni

BERGAMO. Di mobilità si dovrebbe parlare solamente al plurale, evitando cioè di incedere troppo su questo o quel versante per evitare di innamorarsi di visioni personali. O comunque di parte. Da decenni il tema è sviscerato come un eterno duello tra mezzo privato e mezzi pubblici, auto vs autobus, centrodestra contro centrosinistra, parcheggi a metri zero contro mobilità leggera.

Il centro muore perché è senza parcheggi si sente spesso sostenere, senza tener conto di una naturale (e irrefrenabile) mutazione delle dinamiche del commercio nella direzione dei grandi marchi che già ha interessato e purtroppo spersonalizzato le città di tre quarti d’Europa e da qualche anno anche del Belpaese. Proponendo magari aiuti per i negozi di vicinato con la mano destra e dando il via libera ad ampliamenti di centri commerciali con quella sinistra, gridando alla desertificazione a ogni chiusura di attività sorvolando su un naturale turn over e indicando nella pedonalizzazione spinta il nemico da combattere. Come se il parcheggio fronte negozio fosse la sola soluzione a un problema molto più articolato e quindi complesso.

Poi capita che a un esame dell’andamento tariffario della sosta su strada in parallelo a quello della corsa semplice dei bus urbani - la modalità principe di chi si muove estemporaneamente senza ricorrere al mezzo privato - emerga che il prezzo del biglietto è raddoppiato dall’avvento dell’euro in qua (nessuna nostalgia autarchica, solo un semplice termine di paragone temporale). Per contro la sosta su strada in centro è sì aumentata, ma percentualmente della metà. E per giunta il costo è fermo dal 2016, mentre quello dei bus è aumentato di 40 centesimi solo nel giro dell’ultimo anno.

Per farla breve, da settembre chi sosterà nel centro di Bergamo continuerà a pagare 2 euro l’ora, chi invece sceglierà l’autobus pagherà solo 30 centesimi in meno a tratta. Nel caso di una famiglia non ci vuole Einstein per capire quale sarà la modalità di trasporto privilegiata per un normale pomeriggio di shopping, senza contare i vantaggi (innegabili...) in termini di comodità e disponibilità della propria quattroruote. Difficile invertire la tendenza di fronte a un quadro del genere e dai tratti quasi paradossali. Vero che dal punto di vista gestionale il trasporto pubblico locale ha regole e costi difficilmente comparabili con il mezzo privato, ma è di tutta evidenza che una città come Bergamo che da sola vale un decimo dell’intera provincia (con tutte le conseguenze del caso) è chiamata a scelte importanti per il suo futuro. Di quelle capaci di andare oltre le visioni di parte e dove serve l’appoggio di tutti e a ogni livello.

Scegliere quindi, e con responsabilità senza trincerarsi dietro automatismi o dinamiche inflazionistiche. Che ci sono, eccome, ma proprio per questo impongono decisioni lungimiranti. La mobilità per propria natura richiede risposte molteplici e differenziate, capaci cioè di arrivare a un equilibrio il più possibile corrispondente alla realtà. C’è chi ha bisogno davvero di ricorrere all’auto e non può essere penalizzato a prescindere: per contro il trasporto pubblico ha l’indubbio vantaggio di veicolare una quantità maggiore di gente e a costi più contenuti, ma se il prezzo aumenta e il traffico pure perde di ogni convenienza. Tanto più nel caso di un utilizzo estemporaneo, diverso se stabile: difatti le tariffe degli abbonamenti hanno subito aumenti più contenuti rispetto a quello del biglietto di corsa semplice.

È di tutta evidenza che molto della prossima tornata amministrativa di Palafrizzoni si giocherà su questi temi: soluzioni facili non ce ne sono né tantomeno possono avere effetto i soliti proclami da guelfi contro ghibellini. Serve uno sforzo da parte di tutti, concettuale prima ancora che progettuale: capire cioè che la sfida è per definizione complessa, richiede un po’ di coraggio (tanto...) e risposte differenziate. Sempre rigorosamente al plurale, perché da mobilità a immobilità è un attimo.

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