L ui c’era. E ha pure fatto goal, non proprio una cosa abituale per il personaggio. Mosca, 12 maggio 1999, stadio Luzniki, già Lenin, finale di Coppa Uefa tra Parma e Marsiglia. Già, l’ultima volta che una squadra italiana ha vinto quel trofeo, poi diventato Europa League, fino al trionfo dell’Atalanta in quel di Dublino il 22 maggio scorso. Paolo Vanoli, da pochi mesi allenatore del Torino, era in campo con il numero 24 gialloblu in una finale sostanzialmente senza storia terminata pure lei 3-0. L’ultimo atto del Parma dei Tanzi prima del crack, il terzo trofeo europeo conquistato in quei clamorosi anni ’90 quando i ducali si scoprirono improvvisamente grandi. Un po’ anche grazie ai soldi altrui. Prima di Paolo in serie A c’era stato un altro Vanoli, il fratello maggiore Rodolfo, protagonista nel Lecce della prima storica promozione in A del 1985 e pure del bis del 1989. La sua esperienza nella massima serie si chiuderà a Udine tra il 1989 e il 1992, poi tanta B e C fino al ritiro nel 2000 e alle prime esperienze in panchina. Entrambi difensori, entrambi cresciuti nelle giovanili del Varese, 9 anni di differenza, Paolo (classe 1972) gioca però volentieri anche più avanti e comincia a muovere i primi passi nel calcio che conta quando inizia la parabola discendente del fratello. Dopo diverse stagioni tra i dilettanti lombardi (Corsico e Bellinzago) nel 1995 prende l’A4 direzione Venezia in serie B. Curiosamente sarà proprio con i lagunari che coglierà la più importante affermazione in panchina, la promozione in A la scorsa estate.