Martina Caironi: «Parigi la chiusura di un cerchio»

PARALIMPIADI. Dopo l’oro di Parigi ora frena: «L’attività di alto livello sta diventando usurante. Sul ritiro deciderò entro fine anno».

«Parigi è stata la chiusura del cerchio perfetta, l’esperienza più adrenalinica di una carriera in dirittura d’arrivo. Alla Martina che aveva 18 anni dico di non perdersi nemmeno un secondo e vivere tutte le emozioni possibili: quell’arrivo dei 100 metri è stato un thriller, da giorni lo sto rivedendo di continuo, provando a immaginare come sarebbe finita…».

Martina Caironi è tornata a casa, nel quartiere della Malpensata, ma la valigia non l’ha svuotata del tutto. Ad attenderla appuntamenti televisivi e istituzionali (lunedì sarà ricevuta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella) che incorniceranno il suo ultimo trionfo.

La quarta Paralimpiade della sua carriera l’ha eletta ad atleta più vincente della storia dell’Atletica Paralimpica Italiana, e wonder woman capace di tirare indietro le lancette del tempo. Da Londra ’12 in avanti, passando per Rio ’16 e Tokyo ’21, in ogni foto c’è un suo sorriso su uno dei gradini del podio.

Bentornata Martina, come è stato il rientro?

«È stato salutare, perché il carico di adrenalina post-gare e i festeggiamenti al Villaggio e a casa Italia, seppur contenuti per quello che è successo ad Ambra e Monica, hanno lasciato il segno. Un aneddoto? Ad attendermi all’aeroporto c’era mio marito, che non aveva fiori ma una vaschetta di gelato: mi conosce bene, e sa tutte le ristrettezze con cui ho dovuto convivere negli ultimi mesi per essere la miglior versione di me stessa…».

Anche con un infortunio.

«La lesione muscolare di oltre 1 cm capitata tra fine luglio e inizio agosto è stato un tarlo nella mente contro cui ho dovuto combattere, in primis nel salto in lungo. Quella misura (5,06 m) non rispecchia il mio effettivo valore, me la spiego soprattutto col fatto che sino a quattro giorni prima della gara sono stata un mese senza saltare. Una variabile unita ad altri fattori: un clima piovoso che non aiutava, una pedana che penalizzato tutte le mono-amputate e un carico non indifferente di sensazioni da gestire».

Ce le racconti.

«All’ingresso nello stadio mi ha preso un’emozione senza precedenti: sapevo che era la prima pagina del mio ultimo capitolo ad altissimo livello, e da otto anni non mi capitava di trovarmi di fronte a tante gente. In gara per quattro salti ci ho capito poco, poi dopo essermi arrabbiata con me stessa, e con un tizio in tribuna che strillava inutilmente, a un certo punto ho trovato quel balzo che mi ha consentito di prendermi l’argento alle spalle di Vanessa Low. A questo giro nemmeno al top forse l’avrei battuta, ma il record del mondo delle due categorie accorpate T 63 e T 61 (5,46, ndr) per adesso resta a me per un centimetro...».

L’INTERVISTA INTEGRALE SU L’ECO DI BERGAMO DI GIOVEDÌ 12 SETTEMBRE

Approfondisci l'argomento sulla copia digitale de L'Eco di Bergamo

© RIPRODUZIONE RISERVATA