Marcorè: «La televisione? In teatro mi sento più libero»

SPETTACOLI. L’attore, cantante e di recente anche regista, Neri Marcorè apre la stazione al Teatro Nuovo Treviglio. Martedì 24 settembre sarà in scena con «Duo di tutto», viaggio musicale nel mondo del cantautorato italiano e internazionale.

La stagione teatrale 2024-2025 del Teatro Nuovo Treviglio parte con il botto. Martedì 24 settembre alle 21 sarà Neri Marcorè a inaugurare una stagione che si preannuncia particolarmente ricca. Artista versatile e poliedrico, strepitoso attore ma anche cantante e musicista, Marcorè porterà a Treviglio il concerto acustico «Duo di tutto», un vero e proprio viaggio musicale attraverso il mondo del cantautorato italiano e internazionale, dal folk al pop, accompagnato dall’amico e grande strumentista Domenico Mariorenzi.

Lei ama molto proporre al suo pubblico il mondo del cantautorato. Con spettacoli come «La Buona Novella», usando la formula del teatro canzone si è confrontato con le opere di Fabrizio De Andrè. Come sarà il nuovo viaggio musicale che porterà a Treviglio?

«“La Buona Novella” è l’ultimo dei tanti lavori nati dalla fruttuosa collaborazione ormai ventennale con Giorgio Gallione, ma fa parte di un percorso prettamente teatrale che unisce musica e prosa. Alcuni anni fa ho iniziato un po’ per gioco a fare concerti, l’attività si è evoluta e raffinata, sono nati diversi gruppi e diverse formazioni musicali con le quali interpreto di volta in volta brani di De Andrè, o di Gaber, o ancora di Gian Maria Testa quando si tratta di concerti monotematici, oppure presento canzoni tratte dal repertorio di diversi artisti italiani e internazionali. Domenico Mariorenzi è sempre presente in queste mie avventure, in qualsiasi tipo di formazione musicale. Questo duo con cui arriviamo a Treviglio spazierà tra le canzoni che più amiamo. Generalmente sono io a scegliere i brani, ma abbiamo scoperto di avere gli stessi gusti musicali. Ci siamo conosciuti durante il servizio militare, perciò il nostro non è solo un sodalizio artistico, ma anche una grande amicizia. Si tratta di un viaggio che passerà attraverso brani di De Andrè, Fossati, De Gregori e Gaber, che considero i miei principali pilastri musicali, ma ci sposteremo anche all’estero, proponendo canzoni che hanno per me un significato variabile: possono essere legate a periodi particolari della mia vita oppure sono semplicemente canzoni che mi piacciono dal punto di vista musicale o dei testi e che sono comunque legate tra loro da sinapsi. Prima di suonare ogni brano farò una piccola presentazione, dando vita a un concerto con alcune parti di prosa».

Interpreterà brani di mostri sacri della musica italiana e internazionale. Qual è la difficoltà maggiore nell’approcciarsi a canzoni entrate a far parte della nostra cultura e dell’immaginario collettivo?

«Non vedo particolari difficoltà, vedo solo il piacere di potermi appoggiare a colonne solide che sono i cantautori stessi, grandi artisti che con i loro brani sono entrati a far parte della storia personale non solo mia ma di molte persone. Quando con Domenico preparo le scalette dei concerti, scegliamo i brani in un repertorio di duecentocinquanta pezzi. Mi piace l’idea che il pubblico, al termine della serata, si porti a casa anche un brano poco famoso, che non viene suonato spesso e che forse non conosceva, allargando così i propri orizzonti».

Il pubblico la conosce da anni come grande attore e imitatore. Come reagisce di fronte al Marcorè musicista?

«In realtà il mio pubblico mi conosce da parecchio tempo come cantante e musicista. Faccio concerti ormai da dodici anni e il pubblico ha sempre reagito molto bene. I concerti fanno parte della mia attività lavorativa e chi si stupisce forse non conosce il mio percorso artistico degli ultimi anni».

Attraverso forme artistiche come il teatro canzone o il concerto si sente più libero a livello espressivo rispetto alla televisione o al cinema?

«Rispetto alla televisione mi sento senza dubbio più libero. In teatro l’artista è responsabile in toto di quello che fa, mentre in televisione si tratta di un lavoro di gruppo ed è necessario arrivare a dei compromessi. Talvolta è un lavoro fatto con altre persone con l’obiettivo di creare un prodotto finale ricco e divertente: è il caso, ad esempio, della trasmissione “L’ottavo nano”, dove ero solo una ruota dell’ingranaggio ma la molteplicità e la diversità davano origine a un prodotto divertente e appassionato. Altre volte invece c’è differenza tra quello che vuoi fare tu e quello che vogliono i dirigenti: in questo caso bisogna fare piccoli aggiustamenti sacrificando qualcosa della propria libertà. Questo è uno dei motivi per i quali Gaber ha abbandonato la televisione nonostante fossero tempi in cui i programmi televisivi erano di ottima qualità: lamentava il fatto di non potersi esprimere liberamente, senza censure o condizionamenti. La televisione non è il mezzo che garantisce la maggiore libertà, per questo non ne sento la mancanza. In realtà conduco per il quarto anno consecutivo il programma “Art Night” su Rai 5, ma si tratta di un programma divulgativo, culturale, che mi piace e mi appartiene. Per il invece cinema, ho debuttato alla regia con il film “Zamora”, che ha avuto un grande apprezzamento di pubblico e di critica. Per me è uno sprone ad andare avanti in questa direzione, senza fretta, come non ho avuto fretta per questo debutto. “Zamora” è frutto del lavoro collettivo di diverse intelligenze e di diverse forze, ma alla base c’è una grande libertà di espressione, perché un film può essere girato e diretto a proprio gusto, direi quasi a propria immagine e somiglianza. In questo il cinema è molto simile al teatro».

Lei è attore, cantante, musicista e ora anche regista. Le resta qualcosa da realizzare nella vita?

«Mi mancherebbe soltanto la lirica! Scherzi a parte, a livello professionale posso considerarmi soddisfatto. Anche se in campo artistico, all’interno di ogni contenitore, ci sarà sempre qualcosa di nuovo da fare, una storia nuova da raccontare».

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