L'Editoriale / Isola e Valle San Martino
Domenica 20 Ottobre 2024
Manovra e giustizia, Meloni alle strette
IL COMMENTO. Come sempre col fiato grosso, alla fine il governo è riuscito a licenziare la legge di bilancio. Come sempre puntualmente, è partita la bagarre tra maggioranza e minoranza. È una legge «seria» (Meloni) . No, è «una presa in giro», un «gioco delle tre carte» (Schlein).
Non sappiamo se anche in questo caso valga il motto «la verità sta nel mezzo». Forse è più appropriato affermare che governo e opposizione hanno mezza ragione ciascuno. L’esecutivo può vantarsi di essere sfuggito alle grinfie di Scilla e Cariddi: insieme, alla bocciatura di Strasburgo e ad una temibile reazione negativa dei mercati. Col debito pubblico che si ritrova sulle spalle, Giorgetti è stato ben attento a maneggiare i conti. Il precedente del 2011, che ha visto Berlusconi soccombere, travolto da uno spread schizzato a 500 punti, e lì ad ammonire che è bene non far deragliare il bilancio con deficit pesanti. Da parte sua, l’opposizione ha buone ragioni per rimproverare il governo di essersi limitato a schivare il naufragio e di non aver avuto il coraggio invece di affrontare il mare aperto: realizzare cioè le grandi riforme che permetterebbero all’Italia di uscire dalle acque morte di una crescita stentata in cui è arenata da un trentennio. Ma questa non è una novità. Purtroppo è un cattivo vezzo della politica nazionale fare delle riforme materia di dibattito, quasi mai un vincolante impegno da assolvere.
Il centrodestra ha tre appuntamenti elettorali che le possono creare danni
Chiusa una partita, per la maggioranza se n’è aperta subito un’altra, assai più rognosa: lo scontro coi magistrati sul trasferimento (deportazione?) dei migranti (clandestini?) nel centro di accoglienza appena inaugurato in Albania. E non è tutto. Il centrodestra ha tre appuntamenti elettorali che le possono creare altri danni. Paradossalmente, sia che riesca a tenersi le due Regioni che amministra sia che ne esca soccombente, danni comunque ne avrà. Nell’immediato, se perde la guida di Liguria e Umbria, a più lunga scadenza se invece riesce a confermare il loro controllo. Nel primo caso, sarebbe il segnale che può scordarsi i bei tempi in cui vigeva la piena sintonia con l’elettorato. Nel secondo, subirebbe un contraccolpo al proprio interno, con i due suoi partner minori spinti a marcare le distanze dal partito della Meloni per non essere sovrastati dal suo successo. È la Lega di Salvini la più decisa a perseguire questa strada. Vuole invertire la china che l’ha fatta precipitare dal 30% a meno del 10%. È stato istruttivo da questo punto di vista quanto è avvenuto all’ultimo appuntamento di Pontida. È sfilata sul palco tutta la dirigenza della nuova destra europea dei Patrioti: da Orban a Wilders, da Le Pen ai dirigenti di Vox spagnola e della Fpö austriaca. Evidentemente, Salvini ha voluto far ratificare dal suo popolo l’abbandono della «Lega sindacato del Nord» e il contestuale battesimo della nuova «Lega patriota». Non è chiaro se il segretario del Carroccio si sia deciso a compiere questa svolta storica per convinzione o per convenienza. Dopo i rovesci elettorali che gli hanno fatto naufragare ogni ambizione di conquistare la leadership del centrodestra, non deve aver visto altra possibilità per la rinascita del suo partito che salire sul treno dei Patrioti, in grande accelerazione in tutta Europa.
Il calcolo è molto semplice. Visto che Meloni è spinta dal suo stesso ruolo di premier verso le posizioni dei popolari europei, perché - deve aver pensato Salvini - non proporsi come guida del sempre più ampio settore dell’opinione pubblica che invoca una svolta radicale su alcuni grandi temi: l’immigrazione clandestina, l’erosione delle tutele sociali (dalle pensioni alla sanità, al welfare), il degrado delle città ostaggio di una delinquenza spicciola e, più in generale, il franamento verso il basso non solo dei ceti popolari ma anche del ceto medio. Dappertutto in Europa questa destra è stimata al 20-30%. Perché non dovrebbe raggiungere la stessa cifra una Lega formato «destra patriottica»? Non è una buona notizia per la Meloni. Un antagonismo puntuto l’aspetta su questo fianco.
© RIPRODUZIONE RISERVATA