L’intervista: «Test con il Delta Index per essere più attrattivi»

DELTA INDEX. Parla Lucio Moioli, presidente Confcooperative Bergamo.

Maneggiare con cura. No, non stiamo parlando di logistica e consegna merci, ma di un tema molto più delicato: il rapporto con le nuove generazioni nel sistema delle cooperative. Anche l’ambiente più sensibile e vicino ai valori mutualistici - a Bergamo ben radicato e riconosciuto - accusa una difficoltà di dialogo. Ne parliamo con Lucio Moioli, presidente di Confcooperative Bergamo, che ha scelto l’Osservatorio Delta Index per cercare di capire quali soluzioni adottare di fronte a un nuovo fenomeno del lavoro così complesso.

Cosa succede? Anche voi scontate la fatica comune ad altri settori dell’economia nell’attrarre la GenZ?

«Purtroppo sì, ma diversamente dagli altri dobbiamo anche tenere conto della composizione dei nostri associati. Innanzitutto su 280 cooperative iscritte, circa la metà si occupa di sociale, inoltre abbiamo delle peculiarità da tenere ben presenti».

Quali sono?

«La forma cooperativistica non è così conosciuta come quella imprenditoriale. In tante università di economia non la insegnano nemmeno... E spesso paghiamo lo scotto delle coop false, che non pagano e che sfruttano i lavoratori e poi finiscono sui giornali facendo tutto di un’erba un fascio. Poi abbiamo tutto il tema dei servizi welfare: se un infermiere deve scegliere tra cooperativa, ospedale e Rsa, individua nel servizio pubblico un approdo più sicuro e qualificato. Quindi siamo penalizzati su un fronte di immagine e di forma imprenditoriale».

Un punto dolente denunciato dai giovani lavoratori nelle coop è lo stipendio piuttosto basso.

«In alcuni settori c’è un problema di retribuzione, anche se il contratto delle cooperative sociali è stato rinnovato e porterà presto un adeguamento del 13%. Purtroppo però, come accade in generale per gli ambiti del welfare, il lavoro di cura è mano riconosciuto socialmente ed economicamente di altri. Un grave errore di prospettiva del nostro tempo».

I giovani non si affezionano al luogo di lavoro. Saltellano qua e là in cerca del posto che risponde alle loro esigenze del momento. Come fanno le cooperative a costruirsi un futuro solido in tanta precarietà?

«Il tema intergenerazionale è davvero serio per noi. Il patrimonio di una cooperativa si costruisce in una vita, noi abbiamo bisogno di lavoratori che diventino anche soci e in futuro pure amministratori. Oggi invece la prospettiva di permanenza un giovane è attorno ai due anni. In questo lasso di tempo, non solo non coglie il valore del lavoro ma nemmeno lo spirito cooperativistico».

Eppure le nuove generazioni non pongono esclusivamente l’attenzione sulla retribuzione, sono sensibili alla sostenibilità e al valore sociale del lavoro, alle tematiche Esg...

«È vero e in questo noi abbiamo un’enorme potenzialità ma è poca percepita. Dobbiamo essere più bravi a raccontare loro il valore della cooperativa in un orizzonte più lungo. C’è poi l’aspetto psicologico e formativo di lavorare in un ambiente a contatto con casi d’assistenza di una certa difficoltà o gravità, ma i giovani non devono spaventarsi perché, anche con gli strumenti della formazione, sono occasioni di forte crescita».

Quanto è forte il vostro bisogno di reperire giovani lavoratori?

«Le rispondo con i numeri di uno studio recente a livello nazionale: su 540mila lavoratori in 16.500 cooperative, 34.500 sono introvabili, sei mesi fa erano 30mila, cioè più del 10%... E se guardiamo il dato provinciale del nostro Centro servizi, su 8.000 dipendenti, i nuovi assunti sono tra il 15% e il 20%, numeri importanti di persone che abbiamo bisogno continuamente di intercettare».

Cosa si aspetta dal Delta Index?

«Lo vorrei focalizzare sulla capacità di attrarre e quindi selezionare le persone più appropriate. perché noi offriamo stabilità: l’80% dei nostri assunti è a tempo indeterminato. Inoltre Delta Index potrebbe farci riflettere su quale è il gap comunicativo che ci mette in difficoltà nel rapporto con i giovani che hanno strumenti e linguaggi molto diversi da quelli che normalmente utilizziamo».

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