L’impegno sociale nel mirino dell’odio

ITALIA. Finì nel mirino degli odiatori che inquinano i social già nei giorni successivi al delitto di sua figlia Giulia, avvenuto l’11 novembre scorso. A Gino Cecchettin veniva imputato di prestarsi a troppe interviste, di non essere annullato dal dolore.

Gli immancabili complottisti paventarono addirittura l’occultamento di «un’altra verità», nonostante il giovane autore dell’omicidio fosse già in carcere, reo confesso. I genitori di Yara Gambirasio invece finirono sotto il tiro di cinici «esperti» nei talk show per il motivo opposto: rilasciavano rarissime dichiarazioni ai giornalisti. Riserbo e discrezione vennero confusi per omertà.

Nei giorni scorsi Gino Cecchettin è tornato nell’obiettivo degli odiatori e di tuttologi senza scrupoli. Secondo alcune indiscrezioni avrebbe contattato un’agenzia di comunicazione di Londra, che rappresenta già attori e celebrità del mondo dello spettacolo, per realizzare un libro o una fiction sulla figlia Giulia. Notizia però non confermata dal papà. Da settimane non è più attivo sui social né ha più rilasciato dichiarazioni pubbliche. In occasione della sua partecipazione alla trasmissione televisiva «Che tempo che fa» però aveva annunciato di voler istituire una Fondazione nel nome della figlia, per tenere vivi il ricordo e l’attenzione sui femminicidi, per diffondere in Italia la cultura della non violenza e del rispetto delle donne. Un progetto rivolto soprattutto agli uomini per trasmettere il messaggio che l’amore non si concilia con il possesso, tanto più se ossessivo.

Eppure è sulle indiscrezioni che è stato imbastito un ignobile processo a un padre ferito da un gravissimo lutto. Ammesso e non concesso che Gino Cecchettin si sia pure rivolto a un’agenzia di Londra per la scrittura di un libro o per la produzione di una fiction, genere televisivo peraltro di successo e con una sua riconosciuta dignità: in cosa consisterebbe la colpa? I denigratori sospettano la ricerca di celebrità e non accettano invece il desiderio di diffondere la memoria di Giulia come antidoto alla violenza sulle donne. Ma il sospetto, ricordava il grande giudice Giovanni Falcone, «non è l’anticamera della verità ma del khomeinismo», dove per khomeinismo va inteso l’estremismo cattivo e ideologico. Un’ideologia impastata di odio che ammorba questi tempi difficili: la gratuità delle azioni non è possibile secondo tale lettura distorta della realtà, ci deve essere per forza un tornaconto.

Chi è impegnato socialmente conosce invece l’importanza della comunicazione per raggiungere un pubblico più vasto possibile, per far conoscere progetti e storie di riscatto. Importanti organizzazioni non governative si avvalgono di agenzie esterne specializzate in questo campo, che richiede la conoscenza dei mezzi di informazione e del vasto mondo dei social, professionalità che sanno come gestire la complessità di strumenti sempre più diffusi. È una colpa affidarsi eventualmente a chi è competente?

Al fondo poi c’è sempre un altro sospetto: quello di un guadagno economico personale. Sospetto basato sull’ignoranza: organizzazioni non governative, cooperative sociali, associazioni di volontariato e fondazioni appartengono alla categoria anche giuridica del «non profit». La risposta è già nel termine: sono enti che per statuto non possono incamerare profitti ma devono reinvestirli nelle attività. Nulla viene intascato. Ci sono stati casi di truffe anche nel «non profit» ma hanno fatto notizia appunto perché casi che escono da una norma fatta di bilanci controllati e certificati. Altra invece è la questione di chi realizza guadagni «profit» attraverso i social: ma siamo in un altro ambito, nel quale la comunicazione è il fine e non il mezzo. Gino Cecchettin non intende certo seguire questa strada. È mosso solo dal nobile desiderio di prevenire femminicidi, di evitare che altre persone siano costrette a vivere il suo stesso dolore e quello dei suoi altri due figli. Di rendere il mondo un po’ migliore, per quanto possibile: un padre che va solo stimato. Diceva don Lorenzo Milani: «A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?».

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