L'Editoriale
Domenica 02 Luglio 2023
Le province,da abolire gli interessi generali
ITALIA. Il vessillo di abolizione delle Province, agitato per anni in nome della lotta alla «casta», sembra essere definitivamente ammainato.
Sono tanti i disegni di legge già presentati e sembra ormai che maggioranza e opposizione, divisi su tutto, si ritrovino perfettamente per dare una seconda vita alle Province. Si va, quindi, verso l’abolizione della legge Delrio che, dopo la bocciatura della riforma costituzionale proposta da Renzi che ne prevedeva l’abolizione, ne aveva comunque ridotto al minimo le competenze. Conseguentemente, era stata abolita anche l’elezione diretta di presidenti e consiglieri. Nelle città metropolitane il presidente è di diritto quello del Comune capoluogo. Questa legge era stata pensata dal governo Renzi come temporanea, per traghettare le province verso l’abolizione che, non essendosi realizzata, ha dato vita a un organismo poco utile. Da qui le prime mosse del ministro Calderoli, che nel novembre scorso ha dichiarato: «Credo che sia necessario ricreare il soggetto Provincia che debba essere eletto nel suo presidente e nel Consiglio con elezione diretta».
L’adesione successiva di tutti i partiti, con proposte più o meno simili, sta aprendo la strada a questa soluzione. Sono ancora in molti nella nostra società civile, tuttavia, ad essere convinti - e tra questi certamente quel 40% di elettori che a suo tempo ha approvato la riforma costituzionale indetta da Renzi - che sarebbe più opportuno procedere all’abolizione delle Province. Di questa possibilità si parlò per la prima volta già negli anni ’60 in concomitanza con l’istituzione delle Regioni a statuto ordinario per l’esigenza, condivisa da quasi tutti i partiti, di evitare inutili e costose duplicazioni. Una posizione che per ragioni amministrative, politiche ed economiche andrebbe quanto meno riconsiderata. In campo europeo e internazionale l’ente Provincia identifica una dimensione politica che non ha consistenza. In Francia i Dipartimenti hanno dimensione analoga alle nostre province, ma al di sopra c’è poi solo lo Stato. In Germania non c’è nulla tra i Lander e lo Stato. In Inghilterra ci sono le Contee che hanno solo carattere tecnico e amministrativo, non politico.
Negli Stati Uniti le Contee individuano solo competenze giudiziarie o di polizia e, non a caso, l’autorità più importante è lo Sceriffo. Guardando a queste esperienze, non si comprende perché nel nostro Paese si avverta il bisogno di un ulteriore livello politico intermedio per gestire competenze amministrative certamente molto importanti per la promozione e lo sviluppo del territorio, ma che potrebbero essere opportunamente ridistribuite tra Regioni e Comuni, ovvero essere affidate a specifiche entità tecnico-operative come, ad esempio, gli assessorati regionali al territorio. I vantaggi di una simile soluzione sarebbero sostanziali sul piano amministrativo, politico ed economico. Si eliminerebbero ulteriori tornate elettorali in un Paese in cui si vota troppo spesso e dove sarebbe certamente più opportuno ricondurre alle stesse scadenze le varie elezioni amministrative regionali e comunali. Consistenti sarebbero inoltre i vantaggi per le finanze pubbliche, perché con l’abolizione delle Province - fermo restando il trasferimento dei dipendenti e delle funzioni agli altri livelli territoriali di governo - si otterrebbero risparmi di circa 10 miliardi, ossia una parallela riduzione di spese e imposte superiori a un punto e mezzo di Pil. Di tutto questo non si tiene oggi alcun conto da parte del governo e delle varie opposizioni dimenticando che, in occasione delle Politiche del 2008, l’opportunità di sopprimere le Province fu condivisa da quasi tutti i partiti che - incalzati da una furente campagna contro i costi della politica e le complicazioni burocratiche - si fecero promotori anche di specifiche iniziative parlamentari. Evidentemente, gli interessi di partito rappresentano ancora un obiettivo primario per una classe politica che non sapendo far tesoro del passato non appare in grado di offrire sufficienti garanzie per la tutela delle esigenze generali.
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