Le parole che uniscono e le note stonate

ITALIA. L’attacco a freddo della Lega al presidente Mattarella è una macchia sulla Festa della Repubblica. Ogni 2 Giugno, da 78 anni, si celebra il referendum costituzionale che ha dato vita al nostro ordinamento democratico con una parata delle forze armate ai Fori Imperiali.

In un messaggio al Capo di Stato maggiore della Difesa, l’inquilino del Quirinale aveva ricordato la lungimiranza e la saggezza della nostra Carta, nata dalla lotta di liberazione. Nel messaggio ha parlato di bene comune, di comunione di intenti, e soprattutto del sogno realizzato di un’Italia aperta all’Europa, vicina ai popoli che ovunque nel mondo combattevano per la propria libertà. Il Capo dello Stato ha poi parlato delle missioni di pace assolti dalle nostre Forze armate, in nome della giustizia internazionale.

Ma per il leader leghista Salvini e il senatore Borghi della Lega il messaggio è stato letto come un malinteso attacco alla sovranità italiana a vantaggio dell’Unione europea. Confondendo i vari livelli di autonomia e le prerogative di Italia ed Europa, disconoscendo un processo di unità e di fratellanza europea che va avanti da 74 anni. A fatica, ma con il non trascurabile risultato di aver assicurato per la prima volta dopo secoli la pace. Non è necessario leggere gli atti dei lavori iniziati nel 1946 per confermare la prospettiva europea della nostra Carta datale fin da subito dai nostri padri costituenti. E infatti già nel 1950, due anni dopo la sua promulgazione, col Trattato di Roma, nasceva la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, primo passo verso l’Unione europea, proprio per evitare che ci si scannasse tra popoli fratelli come era avvenuto dalla guerra franco-prussiana ad allora, passando per due conflitti mondiali, solo per stare alla storia recente. Basta qualche nozione di educazione civica. Ma la verità è che si è voluto usare la ricorrenza e il Capo dello Stato per sollevare clamore e alimentare le proprie posizioni sovraniste in vista delle elezioni europee.

E a proposito di storia, qualcuno dovrebbe spiegare a Salvini e al generale Vannacci che alludere alla «X Mas» come ha fatto l’ufficiale in questi giorni («mettete una bella decima sul mio nome sulla scheda», dice in un video e rivolto alla piccola folla del comizio di piazza Duomo li chiama «siete una decima legione») non è alludere a una squadra di boy scout. La «X Mas» del principe Junio Valerio Borghese, per chi non lo sapesse, dopo l’8 Settembre si alleò con i tedeschi prima ancora che nascesse la Repubblica sociale nazifascista, trasformandosi da una formazione di audaci incursori in un’accolita di violenti. Significava combattere per Hitler, ovvero per una dittatura straniera che prevedeva la trasformazione dell’Europa in un popolo di iloti al servizio della razza ariana, e che avrebbe mandato nelle camere a gas 6 milioni di ebrei, per non parlare dei milioni di dissidenti politici, prigionieri di guerra balcanici, rom e altre vittime dello sterminio. La «X Mas» rimanda a un passato orrendo e violento. Era la piccola armata di 5mila uomini specializzata nelle rappresaglie contro i partigiani, alleati dei nazifascisti che cominciano a deportare e uccidere i civili. La Decima si macchiò di una lunga lista di crimini di guerra (con grande soddisfazione dei tedeschi), tra cui l’esposizione nella piazza di Ivrea di un partigiano di 22 anni che aveva attentato alla vita del cappellano della milizia. Agli alberi delle strade pendevano i corpi di partigiani torturati ferocemente (spesso con una «X» marchiata a fuoco sul petto) con una cartello al collo: «È passata la Decima»… Questa è la formazione del golpista junio Valerio Borghese (nel 1970 organizzerà un putsh fallito e scapperò in Spagna) cui il generale Vannacci, nella sua storia al contrario, allude. Ma qualcuno dovrebbe avvisarlo che ieri si festeggiava la festa della Repubblica italiana, non della Repubblica sociale.

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