Le guerre ideologiche, via d’uscita complicata

MONDO. I dibattiti sui due grandi conflitti in corso, russo-ucraino e israelo-palestinese, si arrovellano spesso sulle cause, sulle responsabilità e sulle finalità. Alcuni elementi di giudizio vengono però trascurati e non hanno il giusto rilievo, seppure pubblici.

Il nazionalismo suprematista che ispira le azioni di Vladimir Putin ha una storia lunga e già negli anni ’90 contestava l’indipendenza dell’Ucraina riconosciuta da Mosca nel 1991, ribadita nel 1994 con il memorandum di Budapest e nel 1998 con il Trattato di amicizia russo-ucraino. Poi il vento è cambiato e alla guida è salito il neo zar che nella seconda parte del suo potere, stabile da 25 anni, vuole riportare l’ex Urss ai fasti imperiale e a farla uscire dalla condizione di potenza regionale, come gli Usa consideravano la Russia per via di un’economia non in grado di incidere sui processi globali, per un Pil pari a quello dell’Australia, tecnologicamente arretrata, ricca di materie prime ma non lavorate.

L’obiettivo di sottomettere lo Stato vicino insediando un governo subalterno e in seconda battuta di annettersi sue parti, è venato di principi messianici: la «guerra santa» nella versione del Patriarca ortodosso di Mosca Kirill, le «terre storiche» da riconquistare e il «Dio è con noi» ribadito ancora da Putin nella conferenza stampa pre natalizia al Cremlino

Più volte Putin ha dichiarato che «l’Ucraina è un non Stato, parte della Russia» e che «è venuto il momento di rimediare agli errori del 1991 e di riunificare il popolo trino russo, bielorusso e ucraino». Un programma politico e militare che si rifà al mito della Rus’ di Kiev, l’entità medievale composta da parti delle attuali Russia, Ucraina e Bielorussia e ritenuta dai nazionalisti «culla» dell’impero. L’obiettivo di sottomettere lo Stato vicino insediando un governo subalterno e in seconda battuta di annettersi sue parti, è venato di principi messianici: la «guerra santa» nella versione del Patriarca ortodosso di Mosca Kirill, le «terre storiche» da riconquistare e il «Dio è con noi» ribadito ancora da Putin nella conferenza stampa pre natalizia al Cremlino.

Il ruolo della Cisgiordania

Il nazionalismo ebraico chiama la Cisgiordania con l’indicazione biblica di Giudea e Samaria, la terra promessa da Dio. Secondo ministri israeliani dell’estrema destra religiosa, i «palestinesi non esistono». Dopo l’eccidio del 7 ottobre compiuto da Hamas, Benjamin Netanyahu non ha detto solo «distruggeremo Hamas» ma anche «trasformeremo Gaza in un’isola deserta, Israele si vendicherà in modo poderoso». Vendetta, non giustizia. Ciò che accade nella Striscia è l’applicazione devastante di obiettivi dichiarati.

Ma la Russia non veniva colpita sul proprio territorio dalla Seconda guerra mondiale, l’espansione della Nato a Est per quanto contestabile non prevedeva un attacco militare all’ex Urss «potenza regionale», che ha nei suoi 6mila ordigni nucleari la garanzia assoluta di sicurezza. E quando è scattata l’invasione totale dell’Ucraina, il 24 febbraio 2022, l’ingresso di Kiev nell’Alleanza Atlantica non era all’ordine del giorno, come ha ricordato anche l’ex cancelliera Angela Merkel nella sua recente autobiografia (intitolata «Libertà»). Israele invece è in guerra con i vicini dalla sua nascita nel 1948, negli anni ’90 ha subìto l’Intifada dei kamikaze e nel 2023 il massacro del 7 ottobre. Ma il diritto alla difesa è realizzato in modo assolutamente sproporzionato , con un prezzo mortale altissimo per i civili palestinesi. E la colonizzazione inarrestabile della Cisgiordania non è ascrivibile a quel diritto.

Il conflitto con il tempo si è venato di ideologie religiose. La causa palestinese è stata presa in possesso dai movimenti islamisti, Hamas e Jihad islamica, che compiono azioni omicide in nome ma non per conto di Allah. La via di uscita da guerre segnate da principi mistici è complicata. Se gli obiettivi vengono perseguiti in nome di Dio, come è possibile rinunciarvi? È ormai evidente che le condizioni poste da Putin per negoziare prevedono in primis il riconoscimento a Mosca del 20% di territorio ucraino annesso illegalmente e la smilitarizzazione di Kiev, come se l’invasione fosse avvenuta in direzione di viaggio opposta. Quando nella sera del 30 settembre scorso le truppe di terra dell’esercito israeliano invasero il Sud del Libano, il Cremlino ebbe la spudoratezza di denunciare la violazione del diritto internazionale, dei confini di uno Stato indipendente e sovrano. Ma è una spudoratezza che ha una sua razionalità agli occhi del potere moscovita, per il quale l’Ucraina appunto non è un Paese degno di indipendenza e di sovranità, una creazione dell’Urss come ha detto a giugno Putin parlando al Forum economico di San Pietroburgo. Omettendo che lo Stato invaso fu indipendente già nel 1917-1918, condizione poi cancellata dalla Russia. Ma tant’è.

Più volte Papa Francesco ha invitato a «non abituarsi alle guerre, gravissimi orrori contro Dio e l’uomo». Contro Dio: e invece c’è chi le combatte proprio in nome di Dio

Nell’epoca della secolarizzazione, che non riguarda soltanto le società occidentali, può apparire un controsenso la deriva religiosa dei conflitti. Ma è solo apparente: la religione è diventata un rifugio ideologico, una cura per le paure strumentalizzate delle opinioni pubbliche in un mondo precipitato nell’anarchia della forza senza limiti a discapito del diritto internazionale. Più volte Papa Francesco ha invitato a «non abituarsi alle guerre, gravissimi orrori contro Dio e l’uomo». Contro Dio: e invece c’è chi le combatte proprio in nome di Dio.

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