Le fragili montagne aggredite dal turismo di massa

LA RECENSIONE. Boschi, pascoli, sentieri, sorgenti: la montagna è un ambiente insieme aspro e pieno di fascino, soprattutto agli occhi di chi vive nelle caotiche metropoli.

Il saggio «Migrazioni verticali. La montagna ci salverà?» (Donzelli), a cura di Andrea Membretti, Filippo Barbera e Gianni Tartari, esamina le prospettive delle «terre alte», con un’indagine che spazia fra sociologia, economia e climatologia. C’è chi pensa di spostarsi in vetta per sfuggire ai cambiamenti climatici e all’inquinamento, chi durante la pandemia ha scoperto i ritmi rilassati dello smart working in un contesto «a misura d’uomo».

Gli autori, sociologi e climatologi, tracciano un profilo di questa «mobilità verticale», analizzandone gli aspetti più rilevanti, mettendo l’accento sulle fragilità dei luoghi montani, soggetti a eventi estremi, abbandono di centri abitati, invecchiamento della popolazione. «La montagna non ci salverà - spiegano - a meno che prima le città non la aiutino a salvare se stessa». C’è chi si sposta in vetta per gustare tranquillità e silenzio, ma negli ultimi anni il «turismo di massa» è arrivato anche lì, mettendo in crisi delicati equilibri. Si concentra su questo «All intrusive» (Alphabeta) di Selma Mahlknecht, illustrato da Armin Barducci. Come declinare in modo etico il desiderio di esplorare? L’autrice offre spunti di riflessione sullo stile di vita contemporaneo e possibili sviluppi alternativi. È un invito ad ascoltare e osservare, infine, «Quando le montagne ballano» (Wudz) del filosofo e natu-ralista Olivier Remaud, per mettersi sulle tracce di storie e segreti millenari nascosti fra le cime e ritrovare una connessione profonda con se stessi e la natura.

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