L a prima partita della sua storia in quel di Lecce l’Atalanta la giocò il 29 giugno 1930 al vecchio “Campo XXVIII ottobre” o “Achille Starace”, come da nome imposto dal regime fascista. Un 1-1 molto combattuto sia perché i salentini vengono definiti nelle colonne de L’Eco “squadra battagliera al massimo e che non ha badato, per tutta la partita, troppo al sottile” e soprattutto per le condizioni del terreno di gioco “asciutto come un deserto, secco, duro come una lastra di cemento”. Solo nel dopoguerra lo stadio assume il nome di “Carlo Pranzo” (calciatore salentino morto durante il conflitto) ma i nerazzurri non ci giocarono mai. Sorgeva a ridosso del centro storico, vicino a quella Porta Napoli che ne segna uno degli accessi: aveva 12mila posti a sedere e un campo in terra battuta che ospita le gesta dei giallorossi di casa fino al 1966. In sostanza un’interminabile serie di tornei di serie C perché il ritorno dei giallorossi tra i cadetti è datato 1976, la prima storica promozione in A arriverà invece nove anni dopo. Nel vecchio stadio l’Atalanta ci gioca 3 partite del campionato cadetto d’anteguerra, 2 nel 1930 (di due stagioni differenti) e una nel 1932, torneo che sancisce il ritorno dei salentini in terza serie. Dall’ultima partita del 24 aprile del 1932, uno 0-0, a quella successiva ci passano ben 45 anni. Campionato di serie B 1976-77, quello che vede i nerazzurri di Titta Rota conquistare la promozione agli spareggi, grazie anche a una vicenda che riguarda proprio i salentini, ma ci torneremo tra qualche riga.