N ell’elenco dei cosiddetti “irregolari” d’oltremanica c’è da pescare a piene mani: da George Best a Stan Bowles passando per Paul Gascoigne o Robin Friday, “il più grande calciatore che non avete mai visto” come è stato soprannominato per avere dilapidato un talento fuori dal comune. In Italia ci sono stati personaggi dall’estro decisamente più contenuto ma comunque pittoreschi, come Ezio Vendrame, Gigi Meroni, Gianfranco Zigoni, Dino Pagliari, più recentemente Antonio Cassano. In maglia nerazzurra a fine anni ’70 la sua figura la faceva Augusto Scala (“Sarebbe un fuoriclasse se avesse temperamento, soprattutto se possedesse continuità di rendimento” il lapidario giudizio dell’epoca di Elio Corbani), talento da vendere ma a volte sopra le righe. E siccome da solo non bastava, ecco che dalla Cremonese al via della stagione 1978-79 arriva un giovane e bizzarro talento di scuola bianconera, Domenico Marocchino. Che c’azzecca con la Roma? Perché è proprio contro i capitolini che nel gennaio 1979 il popolo nerazzurro s’innamora di questo lungagnone piemontese fresco di debutto nella massima serie solo un paio di domeniche prima. E che in quella partita con mucchi di neve a bordocampo segna la sua prima rete, con l’Atalanta e pure in A. Nelle statistiche c’è chi sostiene che in realtà si tratti di un autogol del capitano giallorosso Santarini, ma vista e rivista l’azione, la deviazione appare non molto influente. “In effetti anch’io ho visto che il libero romanista ci ha messo un piede, però si è subito capito che Conti (Paolo – ndr) era ormai spacciato e che comunque la palla si sarebbe infilata in porta. Non è stata una deviazione decisiva” taglia corto Marocchino nel post partita. “Ora vedere quale è stata la percentuale dell’uno o dell’altro è come discutere del sesso degli angeli. Io il goal me lo tengo, se poi non me lo attribuite vorrà dire che a Vicenza ne segnerò uno pulito, anzi candeggiato!”. E il bello è che la domenica dopo al “Menti” lo fa davvero.