P er mezzo secolo, da 1926 al 1976, l’Atalanta si era dimenticata come si facesse a battere il Monza tra le mura amiche. In verità non che ci fossero state così tante occasioni d’incrociare i tacchetti, solamente 3 (una con i brianzoli in versione Simmenthal, denominazione usata dal 1955 al 1964), ma oltre il pareggio non si era mai andati. Anzi, l’unica vittoria era stata dei biancorossi, 0-1 nel 1970, rete di Enrico Prato e paratone del “Giaguaro” Castellini. Un anno solare durante il quale Atalanta e Monza si erano incontrate la bellezza di 5 volte, 3 in campionato e 2 in Coppa Italia con tanto di spareggio in quel di San Siro perso ai rigori. I tempi regolamentari e pure i supplementari si erano chiusi in parità e per il Monza aveva segnato ancora Prato, autore pure del goal nel girone eliminatorio e anche di quello alla terzultima del campionato precedente al glorioso “Sada”. Cinque partite in un anno e 4 reti all’Atalanta per questo centrocampista di scuola Milan e poi capitano dell’ultimo Varese in serie A, capace di infilare qualcosa come 28 rigori consecutivi nella sua carriera. Che una volta finita sul campo è proseguita pure come sindaco di Germignaga, nel varesotto. Ma torniamo a quel Monza che si rivelerà protagonista assoluto del campionato cadetto 1976-77 insieme all’Atalanta, e non solo. Neopromosso dopo aver stravinto il proprio girone di serie C con 12 punti di vantaggio sulla Cremonese di Bodini, Mondonico, Prandelli, Finardi in campo e Titta Rota in panchina. Una corazzata guidata da Alfredo Magni, brianzolo di Missaglia, con gente destinata in blocco alla serie A, seppure con altre maglie: Terraneo, Buriani, Beruatto, Casagrande, De Vecchi, Tosetto e Vincenzi, più una vecchia gloria come Braida e il bergamasco Ardemagni. L’Atalanta è invece reduce da una stagione in chiaroscuro iniziata con l’enfant du pays Giancarlo Cadè in panchina, sostituito poi a tre giornate dalla fine dal secondo Gianfranco Leoncini che conquista 3 vittorie su 3 e pure la salvezza.