«La speranza, dono che rende più ricco il nostro presente»

PELLEGRINAGGIO DIOCESANO. L’ultima tappa al santuario sloveno di Brezje, dedicato a Santa Maria Ausiliatrice. Il Vescovo: «Abbiamo un futuro, non si può cancellare».

Si chiude com’era iniziato il pellegrinaggio diocesano tra Austria, Ungheria e Slovenia, guidato dal Vescovo Francesco Beschi: con l’immagine della Vergine, questa volta non nel santuario del Monte Santo di Lussari a Tarvisio, ma nel santuario nazionale sloveno di Brezje, dedicato a Santa Maria Ausiliatrice, il luogo di pellegrinaggio più importante della nazione. E, soprattutto, si conclude con l’ultimo degli otto verbi selezionati da monsignor Beschi per dare unità e continuità al viaggio spirituale: «Sperare».

In questo viaggio, ha detto Beschi, «ho fatto la scelta di individuare, a partire dalla Parola di Dio, un verbo per dare continuità alle nostre celebrazioni. Scegliere un verbo significa non solo scegliere un modo di fare e agire, ma soprattutto un modo di essere. Il verbo di oggi - ha affermato ancora - avrebbe potuto essere “ritornare”, “ricordare” o “ricominciare”. Invece è “sperare”: mi piacerebbe davvero che l’itinerario spirituale che abbiamo percorso insieme alimentasse la speranza con la quale torniamo nelle nostre case».

Il tema della speranza

Nell’omelia, il Vescovo si è soffermato innanzitutto sul dono della speranza. «Credo che tutti gli esseri viventi in qualche modo sperino. Ogni persona è attraversata non solo dal desiderio ma anche dalla speranza. La speranza ci è regalata, è Gesù risorto la nostra speranza». La speranza non è tanto quella delle situazioni contingenti della nostra vita, del qui e ora, ma - ha specificato - essa «ci viene donata nella persona di Gesù crocifisso e risorto». Gesù «è il sole nuovo che sorge, è una novità assoluta; ha aperto una nuova giornata, un nuovo tempo, una nuova vita». La speranza che ci è regalata ha una sorgente per eccellenza, che «è Maria», ha spiegato monsignor Beschi. Maria che accorre in aiuto e intercede per tutti gli uomini presso Dio. Infine, c’è una meta della nostra speranza. «La speranza finale è il cielo, il paradiso. Abbiamo una meta, una casa, non finiremo polvere dell’universo, ma in quella che è la nostra casa - ha detto il Vescovo -. È proprio perché noi speriamo nel cielo che siamo impegnati a rendere vivibile il nostro presente. Proprio perché abbiamo un futuro che nessuno può cancellare, noi crediamo che sia possibile rendere vivibile anche il presente».

La speranza dei cristiani sta nel cielo, che «non è un’illusione o un’alienazione, ma la meta che ci rende capaci di trasformare il nostro presente in qualcosa di vivo e di umanamente ricco». Al termine della celebrazione ha preso parola don Luca Della Giovanna, direttore dell’Ufficio per la Pastorale dei Pellegrinaggi. «Siamo arrivati alla fine di otto giorni, un lungo percorso che ci ha fatto fare tanti chilometri. È il momento di ringraziarci l’un l’altro. Poco fa - ha proseguito – il Vescovo ha consegnato l’ottavo verbo, che conclude questo cammino, verbo di un nuovo punto di ripartenza. Ogni pellegrinaggio finisce ma ne apre altro: questo ultimo verbo ci consegna già quello che sarà il verbo per eccellenza del prossimo pellegrinaggio. Tutta la chiesa dalla vigilia di Natale sarà chiamata a entrare nel tempo del Giubileo, che il Papa ha voluto intitolare “Pellegrini di speranza”». La meta del nuovo pellegrinaggio, che si terrà a luglio 2025, sarà Roma (via Puglia).

A monsignor Beschi è stato donato un paio di sandali, simbolo del cammino percorso in questo pellegrinaggio e del prossimo Giubileo. A tutti i fedeli è stata invece consegnata una copia della «bolla» con cui Papa Francesco ha indetto il Giubileo del 2025, «Spes non confundit». «Da questo pellegrinaggio - ha concluso il Vescovo - mi resta la vostra fede, che in mille modi si è raccolta in questi giorni. Ognuno ha la sua esperienza di fede e per me è un grandissimo dono poter raccogliere la fede di chi mi avvicina».

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